Ho visto la prima puntata (in diretta) e un parte della seconda, e dovrei lamentarmene punto e basta, ma cercherò d'essere razionale e analizzare l'opera con voi.
Mi rendo conto che il soggetto è Ottocentesco, e che quindi contiene una trama romantica che probabilmente non rispecchia bene il punto di vista dello spettatore di oggi. Constato, tuttavia, che in quel ricco secolo c'è stato, e anche ben prima di Collins, chi ha affrontato i temi della modernità anche con una larga anticipazione sui tempi, come ad esempio Shelley e Radcliffe. La trama quindi -che s'intuisce non lineare, ma che sembra comunque del tutto giocata sulle vicende, sino ad ora molto infelici, di Laura Fairlie- è probabilmente poco televisiva. A questo si aggiunga che la messa in scena di questa opera è per lo più teatrale, con scarsi cambi di scena e molte ridondanze: una caratteristica, questa, che se appare trascurabile in rapporto alle commedie di Eduardo (tutt'altro contesto e tutt'altro genere, ne convengo), finisce per appesantirne ulteriormente la versione televisiva. Se a questo aggiungiamo la prospettiva delle 5 puntate, beh!, direi proprio che la frittata è fatta!
Insomma, una sceneggiatura sbagliata, che nel voler probabilmente ripercorrere le pieghe del romanzo, si perde in leziosità inaccettabili, con l'unico effetto di appesantirne i contenuti, di una trama che già di per sé si prestava assai poco alla riduzione televisiva.
Legnosa la sceneggiatura, legnosissimi gli interpreti: lenti e ingessati al punto di sembrare palesemente finti. Appena accettabile l'interpretazione di De Carmine, ma pessime le interpretazioni di Esdra e Troisi.
Non credo che vedrò le altre puntate
, ma aspetto che qualcuno di voi mi dia buoni motivi per farlo
.
RobertoC
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Dove finisce la ragione comincia un territorio che non ci appartiene, nel quale siamo intrusi: una terra di regole che non conosciamo, dove si parla una lingua misteriosa e dove le nostre logiche non sono utilizzabili in alcun modo.
Noi in questo territorio possiamo solo subire il mistero, che, anziché disvelarsi, si fa sempre più impenetrabile.
Io non so dire se questa sia una pena o un premio. Io non so dire nulla, ma so che questo luogo (...) non dev’essere in alcun modo cercato né in alcun modo trovato.
“Voci notturne”, 1995, epilogo.