Anche i grandi sbagliano

WebMichi
00martedì 9 novembre 2004 17:48
Sono da sempre convinto che Bertolucci e Benigni siano i soli grandissimi spendibili all'estero senza preoccupazione, per il tipo di tema proposto, per l'internazionalità di certe situazioni (ben lontane dal noioso minimalismo italiano, sempre giocato all'interno di spazi chiusi di Milano o Roma), per essere insomma i soli che danno un motivo agli spettatori americani o europei (o anche delle metropoli asiatiche) d'interessarsi al nostro lavoro.
Su altri registi (Tornatore, Salvatores, Archibugi,Ozpetek, etc)la carriera è ancora troppo breve per azzardare un giudizio definitivo: speriamo bene.
Di Bertolucci, in particolare, ho apprezzato alcuni capolavori dell'ultimo decennio ("Piccolo Buddha" e "L'ultimo imperatore" su tutti, ma aggiungo ben volentieri "Io ballo da sola" e "L'Assedio") e quindi ho proprio digerito male la visione, ieri sera su Sky, di "The dreamers".

Intellettualismo, compiacimento per non dire narcisismo, morbosità, e spesso noia mortale per descrivere prima il rapporto incestuoso tra i due fratelli e poi l'arruolamento dell'americano come partner esterno alla vicenda, presumibilmente come giudice super partes, o almeno tale avrebbe dovuto essere.
Il tutto applicato ad un soggetto e ad un campione sociale, i rampolli della borghesia intellettuale parigina nel '68, che già fa di tutto per allontanarmi dal film; il quale, comunque, esprime alcuni colpi di cinema di classe sopraffina (la sequenza della vasca da bagno e del gioco di specchi, ad esempio), lasciando però qualcosa più del dubbio di uno snobismo disarmante.
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