Un uomo percorre l'America, l'Europa, l'Asia in compagnia del proprio computer. Da quindici anni tiene conferenze che cominciano sempre con queste parole: "Il mio nome è Al Gore e dovevo essere il Presidente degli Stati Uniti". L'interesse di Una scomoda verità non risiede nelle qualità cinematografiche (David Guggenheim si accontenta di riprendere l'oratore e le immagini in "diaporama" che ne illustrano le parole), ma nella personalità del protagonista e nel soggetto che egli affronta.
Soggetto terribile, di cui Gore (che ha partecipato ai negoziati del protocollo di Kyoto) sembra essere uno dei pochi americani ad avere compreso la portata: il surriscaldamento globale del pianeta. L'antico candidato alla Casa Bianca avverte che ci restano appena dieci anni per contrastare l'effetto-serra ed evitare una catastrofe planetaria; lo fa illustrando a studenti e gruppi di cittadini documenti, grafici, disegni e impressionanti simulazioni futuristiche che mostrano la sparizione della calotta glaciale dell'Antartico.
Il suo show ecologista mette freddo alla schiena. Frattanto, viene fuori un'immagine piuttosto diversa da quella che ci avevano dato di lui: pur confermando una certa riservatezza, Gore dà prova di possedere senso dello humour e calore umano. Anche se, a tratti, l'emergere di elementi della sua sfortunata carriera politica e della sua vita privata lasciano emergere l'ambiguo intreccio tra potere e spettacolo che ossessiona gli americani.
(Repubblica)
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Avevo sempre ritenuto Al Gore un arrogante antipatico che aveva l'unico merito di aver contrastato Bush nelle elezioni del 2000. Mi sbagliavo di grosso. In questo film-documentario risulta essere personaggio molto in gamba e tutt'altro che antipatico. Quello che racconta deve far riflettere perchè se dovesse essere tutto vero saremmo veramente nella m....
Giudizio critico : molto ma molto istruttivo