Gli strumenti della musica popolare irlandese
I gruppi tradizionali di musica popolare irlandese si avvalgono di alcuni strumenti che possiamo ben definire autoctoni, ossia nati e sviluppatisi in Irlanda. Essi conferisco alla musica irlandese quel suono particolare che la fa riconoscere d’acchito fra le musiche scozzesi e bretoni, pur molto simili. Ci riferiamo, innanzitutto, all’arpa celtica o bardica (cláirseach), la cui esistenza viene citata in documenti risalenti all’VIII secolo d.C.
Nella long room della biblioteca del Trinità College di Dublino sono conservate due antiche arpe, di cui una viene collegata a Brian Borù (proclamatosi re d’Irlanda nel 1002), che ne sarebbe stato il proprietario. In realtà si tratta, con molta probabilità, di uno strumento del XIII secolo, ossia di almeno 200 anni più tardo. L’arpa celtica è considerata uno strumento così tipicamente irlandese da essere stata scelta, insieme al trifoglio, come simbolo nazionale. Era lo strumento di elezione dei bardi e fu molto utilizzata nella musica barocca. Uno degli ultimi bardi fu Turlough O’Carolan (1670-1738) che risentì di influenze italiane, in particolare di quella del compositore Arcangelo Corelli.
In origine le corde dello strumento erano metalliche e venivano pizzicate con un plettro. Oggi si usano le normali corde musicali che vengono toccate con la punta delle dita. Maire Nì Chathaisaigh è una delle più acclamate interpreti moderne.
Le sue esecuzioni sono piene di fuoco e passionalità, il che non si può dire di altri interpreti, nelle cui mani l’arpa celtica scade spesso nella banalità di certa musica new age o, peggio, in quella delle sagre folcloristiche per turisti legate ai banchetti celtici in antichi castelli.
Non meno autenticamente irlandesi sono le uilleann pipes, le cornamuse irlandesi, forse lo strumento più difficile da suonare.
Oltre ad essere molto complicato tecnicamente è dotato di bizzarra personalità e si sottomette solo ai veri esperti. La tradizione narra che occorrano sette anni per imparare a suonarla, altri sette per impratichirsi, più sette per poterla veramente dominare. La melodia viene eseguita su di un charter a nove fori con il quale si può raggiungere l’estensione di due ottave cromatiche. L’otre che fornisce l’aria viene tenuto sotto il gomito sinistro ed è a sua volta rifornito da un mantice tenuto sotto il braccio destro. Le note possono essere modulate con l’uso di chiavi. Saperle usare al meglio rappresenta la vera differenza fra un suonatore esperto e un dilettante.
Mentre le cornamuse scozzesi sono di origine medievale, quelle irlandesi appaiono solo molto più tardi, all’inizio del Settecento. Fra i grandi suonatori di cornamusa irlandese si ricorda Sèamus Ennis, che diede origine a un tipo di musica gentile, priva di asprezze, non a caso definita parlour style (stile da salotto) e si oppone allo stile traveller (da viaggio) usato dai suonatori ambulanti che frequentano specialmente le fiere e hanno bisogno di suonare in modo più robusto per sollecitare l’interesse degli ascoltatori. I maggiori rappresentati di questo stile furono i fratelli Johnny e Felix Doran.
Il bodhrán è il tamburo irlandese in pelle di capra tesa su di un corpo di legno, che fornisce la base per le percussioni, e può essere battuto con la mano o con una bacchetta usata in entrambe le estremità, detta cipìn, tipper o beater. I migliori suonatori di bodhràn vengo dalla contea di Galway.
Una curiosità sono le ossa (bones), originariamente due ossa di bue, oggi spesso due pezzi di legno a forma di ossa, che vengono tenute in mano, una fra il pollice e l’indice, l’altra fra l’indice e il medio e che, battute insieme come le nacchere, forniscono il supporto ritmico, specialmente ai tempi veloci dei reels e delle gighe.
C’è poi il tin whistle (anche solo whistle) o zufolo di latta, che è esattamente ciò che è descritto dalla traduzione italiana: lo zufolo che viene dato ai bambini come giocattolo e che, normalmente assorda gli orecchi degli adulti con suoni sgraziati. Solo gli irlandesi riescono a fare di questo oggetto un autentico strumento musicale, il cui utilizzo richiede grande abilità. Oggi, però, gli strumenti hanno raggiunto una notevole perfezione tecnica. Ogni zufolo copre due ottave e ha una sua intonazione particolare. Quindi ogni suonatore ha a sua disposizione più di uno strumento e, per questa ragione, si dice spesso che suona i tin whistle, al plurale.
Uno strumento molto simile è il low whistle, versione riveduta, corretta e migliorata dello zufolo di latta.
Passiamo ora a una serie di strumenti che, pur non essendo originali, sono spesso parte essenziale della musica irlandese. In primo luogo il violino, per il quale viene usata la forma popolare fiddle. Si tratta di un normale violino che, però, come nella musica popolare americana, viene impugnato in avanti e verso il basso piuttosto che parallelo alla spalla, e appoggiato al petto anziché tenuto sotto la guancia. Sembra che tale posizione vada a vantaggio della velocità di esecuzione.
Gli esperti distinguono numerose tecniche, legate al luogo di origine dei musicisti. Si va dall’esecuzione colorita ed elaborata dei musicisti di Sligo a quella melodica e scorrevole dei violinisti di Donegal, per non parlare delle scuole fiorite nelle varie isole.
Naturalmente sono spesso usati i flauti di diverso tipo. Il più diffuso è il flauto irlandese, simile ai flauti traversi in mogano usati nel XIX secolo prima dell’affermazione del sistema Bohm.
Hanno un suono più robusto e un tono più arioso rispetto ai flauti traversi in metallo.
Nei tardi anni Sessanta di questo secolo è stato introdotto nella musica irlandese, ad opera di Johnny Moynihan, il bouzouki (nella grafia inglese), strumento simile al mandolino, tradizionale della musica greca. Del resto, spesso troviamo il banjo, per non parlare della chitarra, usati sia come sostegni ritmici che per assoli.
Altri strumenti che si incontrano frequentemente sono la concertina e l’organetto diatonico; la fisarmonica, come sempre accade, offre ai virtuosi grandi possibilità di mettersi in luce. Nelle orchestre di questi ultimi anni hanno fatto la loro comparsa il sintetizzatore e le tastiere elettroniche, troppo comode per essere rifiutate. Fra queste ultime spicca il clavinet, che ha sonorità simili a quelle del clavicembalo. Gli innovatori non mancano di usare strumenti elettrici, come le chitarre e il violino.
4. continua
Se la Fabbrica Italiana Automobili Torino si chiama FIAT,
perché la Federazione Italiana Consorzi Agrari si chiama Federconsorzi?