00 17/09/2004 19:37
Una doverosa premessa
Da "El noster Domm", di Emilio De Marchi.
(sarebbe stata tutta in dialetto milanese, ma ho preferito tradurla, anche se si perde un po' l'autenticità...)

In nomine patris, fili et spiritus santi: è il nostro Duomo, è la chiesa dei vecchi, è la casa di Milano, è tutto di marmo, è grande, è bello. è lui, solo lui in tutto il mondo, così bello, così grande.
Per capirlo bisogna essere nati sotto a Santa Tecla, bisogna aver cominciato da piccoli a guardare in alto verso quelle statue, quelle guglie, quei finestroni antichi, neri, maestosi, dove il sole gioca a nascondersi.
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O Duomo, che ti hanno fatto? Da quanti anni contempli le baggianate umane? Quanti sbirri, crucchi, tedeschi, spagnoli, francesi hai visto passare, scappare e tornare indietro?
Ti ricordi Napoleone che ti ha rotto i vetri col mortaio? E Ferdinando e Cecco Peppe? E Doro e Claudina che sono volati giù tenendosi per mano? Racconta, su, o Duomo, la storia delle cinque giornate, racconta di Vittorio, pover'uomo... no, taci, e ciao!
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Il Duomo entra nella storia di Milano solo nel 1300. Ma ho voluto riportare subito questa "poesia" perchè da un'idea dell'attaccamento che i milanesi, da Sant'Ambrogio in avanti, avevano per la loro città.

Alla prossima!