Se avessi avuti i soldi, avrei comprato anche questi dischi: Anika Na-o, La bandiera di sole, Mi son chiesta tante volte, Ogni volta che mi pare, Vado via.
Ai Mocedades viene affidato un brano in stile quasi folk, direi un “bifolk”, decisamente fuori luogo per il gruppo spagnolo, che ha fatto cose den diverse e migliori di questa.
Balsamo canta un brano che non è affatto male, che ci fa capire che ha della stoffa e lo dimostrerà negli anni a venire.
Deludente anche la prestazione dei Pop Tops e mi viene da chiedere: ma questi poveri disgraziati chi li ha ingaggiati per cantare queste porcherie?
Grande gruppo i J.E.T. ovvero quelli che – più o meno – diverranno i Matia Bazar: le idee già ci sono e si sentono anche se Cassano farebbe meglio stare zitto e lasciar cantare Marrale.
Bassano io lo scambio sempre con Rossano, ancora devo capire quale è l’uno rispetto all’altro.
La canzone dei Camaleonti non è brutta, però Tonino mi piace poco quando canta, preferisco Livio.
Gagliardi replica l’ennesima versione della stessa canzone e infatti si becca un’altra volta il secondo posto. Un precursore di Cutugno?
Milva non si smentisce e porta il solito brano melodrammatico, anche se “Da troppo tempo” mi pare confezionata meglio rispetto a “Monica delle bambole” o “Mediterraneo”.
Carmen Amato è l’unica che non ricordo proprio, mentre ricordo la povera Lolita, che ha fatto davvero una fine orribile! Chissà cosa si nasconde dietro la sua storia, nessuno ne è mai venuto a capo.
Fausto Leali si presenta sul palco con L’Enorme Maria, un gruppo che non ha mai inciso un disco, anche se accompagna spesso altri cantanti.
A proposito di Roberto Vecchioni si sono scritte tante cose, che non mi pare mi resti molto da aggiungere. Forse che la sua canzone e il suo modo di cantare non mi hanno mai entusiasmato, preferisco di gran lunga “Canzone per Laura”.
Anna Identici: ecco una brava, così come brava e sottovalutata è Gilda Giuliani.
La prima ha voltato le spalle ad una carriera facile fatta di canzoncine leggere per intraprendere un percorso artistico totalmente diverso che però le ha dato ben poca soddisfazione. “Mi son chiesta tante volta” è un brano ottimo, vi consiglio vivamente l’ascolto, anche se non è adatto ad una manifestazione come Sanremo.
La Giuliani qualche piccola soddisfazione se l’è pure tolta, però è rimasta piuttosto nell’ombra. Direi che ha sbagliato epoca, se arrivava prima forse avrebbe avuto più occasioni.
De Sica si accorge presto di aver sbagliato carriera, anche se la sua “Mondo mio” non è né meglio né peggio di tante altre. Si rifarà in altro modo.
Feri non me lo ricordavo, ho trovato il singolo di recente e devo dire che la canzone è carina, ben costruita e gradevole all’ascolto.
Junior Magli, Lionello, Remigi, Alessandro e Donatello potevano benissimo cantare la stessa canzone che nessuno se ne sarebbe accorto. Forse Donatello è leggermente sopra agli altri, ma di poco.
Ah, Alessandro è il cognato (mi pare) di Celentano, il quale ha pensato bene di squagliarsela con un telegramma.
C’è poi il caso dell’anno (ogni Sanremo ha avuto almeno un caso all’anno): le Figlie del Vento. Tutti scandalizzati perché la canzone è una scemenza, tanto che spopola nella “Schif Parade” della coppia Salce/Valori. Va detto però che le ragazze sono brave, tanto che si prendono il lusso di cantare la versione italiana di “He” dei Today’s people senza nemmeno sfigurare tanto.
Dispiace veder trattato così male (arrivò ultimo) Drupi, ma anche questo è un caso che si ripete a Sanremo. Il cantante pavese ha poi sfornato una serie di successi tra il 1973 e il 1975 da fare invidia a chiunque.
Ed ecco le mie preferite. “Una casa grande” ha un tema particolare; comincia piano, molto piano e poi cresce fino all’esplosione finale. Io trovo che abbia un arrangiamento davvero notevole.
“Dolce frutto” ci regala l’ennesima straordinaria interpretazione dei Ricchi e Poveri, che tra il 1968 e il 1978 sono davvero molto bravi. Curioso che di questo brano esista anche una versione dei Dik Dik.
Infine “Elisa Elisa”. Due parole sono sufficienti: Sergio Endrigo.
Se la Fabbrica Italiana Automobili Torino si chiama FIAT,
perché la Federazione Italiana Consorzi Agrari si chiama Federconsorzi?