Dino (Eugenio Zambelli) – Verona, 1948.
Inizia da giovanissimo a cercare un’affermazione nel mondo della canzone. Infatti, quando nel 1963 vince il Festival degli Sconosciuti di Ariccia, organizzato da Teddy Reno, ha già alle spalle una lunga serie di concorsi canori regionali ai quali ha iniziato ad iscriversi fin da ragazzo. Nel 1960, per esempio, a soli dodici anni batte la sua coetanea e concittadina Gigliola Cinquetti aggiudicandosi il “Pinocchetto d’Oro” con “Le mille bolle blu”.
Dopo la vittoria di Ariccia, dove si è presentato appunto con lo pseudonimo di Dino, Teddy Reno lo introduce alla RCA e ne diventa produttore per la nuova etichetta ARC, ideata per valorizzare i nuovi talenti.
Nel 1964 esce il suo primo singolo “Eravamo amici”, arrangiato da Ennio Morricone. Con questo brano partecipa al Cantagiro, nel girone dedicato agli esordienti. Non lo vince, essendo superato per pochi voti da Paolo Mosca con “La voglia dell’estate”, ma ottiene ugualmente grande successo grazie alla sua voce calda e profonda, non usuale per un ragazzo di sedici anni, e grazie al suo viso su cui risaltano i suoi occhi verdi.
Consapevole che il credito ottenuto viene soprattutto dalla scelta della linea melodico – romantica, che ben si combina al gradevole aspetto fisico e del fatto che la musica del momento, il “beat”, non può essere ignorata, Teddy Reno decide di affidare a Dino un gruppo in linea con le tendenze del momento. La scelta cade sui veronesi Kings, che avranno d’ora in poi il compito di accompagnarlo.
Segue quindi il singolo “Te lo leggo negli occhi”, scritto da Sergio Endrigo e Bardotti ed arrangiato ancora da Morricone. A seguito della versione italiana di un brano dei Beatles (I should have know a better) dal titolo “Cerca di capire”, pubblicata sul retro di “Te lo leggo negli occhi”, Dino eseguirà una serie di cover, tra le quali spiccano “La tua immagine” (“The sound of silent” di Simon & Garfunkel) e “Il sole è di tutti” (“A place in the sun” di Stevie Wonder).
Il successo di “Te lo leggo negli occhi” fa salire la popolarità di Dino al punto che la canzone diventa un film per la regia di Camillo Mastrocinque.
Seguono altre esperienze cinematografiche quali “Le sedicenni” di Luigi Petrini e “Altissima pressione”, diretto da Enzo Trapani, che ha come protagonisti anche Nino Taranto, Gianni Morandi, Françoise Hardy e Lucio Dalla.
Nel 1965, dopo aver presentato al Cantagiro, stavolta del girone “big”, “Il ballo della bussola”, la ARC pubblica il suo primo album, titolato semplicemente “Dino”.
Si tratta della raccolta dei 45 giri, come era costume dell’epoca, a cui vanno ad aggiungersi altri brani già interpretati dai compagni di scuderia “The Rokes” quali “Un’anima pura”, “Ma c’è un momento del giorno”, “Spegni questa luce”.
Dal 1966 al 1968, tra frequenti apparizioni televisive, partecipazioni al Cantagiro, al Cantaeuropa, nonché al suo unico Festival di Sanremo (1968 con Wilma Goich in “Gli occhi miei”) la popolarità di Dino rimane costante. Nel 1969, nonostante la pubblicazione di un secondo album che tenta di accreditare un’immagine più adulta attraverso l’inserimento di brani come “Se Dio ti dà” di Gino Paoli, inzia il declino.
Partecipa, nel 1970 e nel 1971, a due edizioni di Un disco per l’Estate, pubblica ancora qualche singolo per la RCA, quindi passa alla Ariston per la quale incide nel 1973 “Parla chiaro Teresa”, un buon brano con il quale partecipa ancora una volta al Disco per l’Estate. Questa è l’ultima apparizione di Dino in veste di cantante negli anni Settanta.
Negli anni Ottanta il suo nome torna alla ribalta per una vicenda giudiziaria legata allo scandalo dei petroli dal quale, nella sua posizione di dirigente di una compagnia petrolifera, risulta comunque essere totalmente estraneo.
Come tanti altri, anche Dino si rivede in anni più recenti grazie alla partecipazione a programmi nostalgici quali “Una rotonda sul mare”, “C’era una volta il Festival” eccetera.
Parecchi brani di Dino sono reperibili attualmente su CD nella raccolta “ARC Collection”, un cofanetto che contiene cinque doppi CD, tutti estremamente interessanti.
Se la Fabbrica Italiana Automobili Torino si chiama FIAT,
perché la Federazione Italiana Consorzi Agrari si chiama Federconsorzi?