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Ho incontrato un'ombra - di Daniele D'Anza - con Giancarlo Zanetti, Beba Loncar, Laura Belli

Ultimo Aggiornamento: 30/12/2014 22:54
18/04/2013 20:30
 
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Naufrago
Vorrei spezzare una lancia a favore di questo bellissimo prodotto. Anch’io, ovviamente, l’ho dovuto rivedere adesso, da adulto, per poterlo valutare con un minimo di obiettività, almeno emotiva. Ebbene, l’ho trovato riuscito, perché siamo di fronte ad un’opera che non va vista solo nell’ottica del giallo, ma in quella più specifica della riflessione esistenziale sui risvolti casuali ma determinanti della vita. La vicenda, che è stata definita lenta, secondo me, non poteva che procedere a quel ritmo, pena l’assorbimento della storia all’interno dei parametri del giallo tradizionale (mistero, omicidio, fuga, etc.). Invece questo sceneggiato è grande perché la vicenda passa in secondo piano rispetto ai personaggi, di cui, infatti, viene ben delineata la psicologia. Non era facile, perché il rischio era quello di indebolire troppo l’interesse dello spettatore per la trama: invece, secondo me, l’obiettivo è stato raggiunto con un’abile lavoro di introspezione e di comunicazione non verbale, che finisce per coinvolgere ed emozionare. Pensate soltanto al rapporto tra Catherine e Silvia, espresso tutto in quel dialogo muto sul cancello della villa. Ma anche a quello tra Catherine e Philippe, che non viene mai inquinato da gesti o atteggiamenti banali, come la gelosia o l’insofferenza (che pure sarebbero più che giustificate). C’è in tutti i personaggi una nobile curiosità verso gli aspetti meno evidenti della vita, una sorta di umile, filosofica voglia di scoperta, senza inquinare questa ricerca con una pesante necessità di capire a tutti i costi. Il finale, di cui in apparenza sorprende la precocità di rivelazione, a ben 30 minuti dalla conclusione della puntata, in realtà non consiste nella scoperta dei motivi di mistero che circondano Silvia (nascondimento del padre ex nazista, i ricatti, etc.), ma nella sua sparizione, insieme alla famiglia, dopo aver dichiarato il suo amore per Philippe. E’ questo che dà a tutta la vicenda una caratura esistenziale, perché l’evento in sé, nel suo carattere di ineluttabilità, acquista significati profondi, metaforici e, quindi, anche metastorici (cioè, validi per qualsiasi epoca o contesto sociale). In tal senso parla molto chiaramente l’ultimo dialogo del film, ambientato nella villa ormai vuota di Silvia.
Secondo me un prodotto di gran classe, fuori dai soliti schemi già collaudati e, dunque, ammirevole non solo per la originalità del soggetto, ma anche per la raffinata sensibilità con cui è stato sceneggiato e girato. Anche per quanto riguarda la qualità della interpretazione, ritengo che sia da guardare con ammirazione la prova dei tre protagonisti, che, proprio grazie alla loro sobrietà, cioè alla loro recitazione lucida e lineare, hanno saputo far emergere la vena esistenziale presente nella vicenda che li riguarda.
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