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La musica celtica

Ultimo Aggiornamento: 12/10/2006 17:14
12/08/2004 15:54
 
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Martino Mio


L’importanza della musica celtica oggi.
Oltre al ceppo linguistico comune, spesso parlato solo da una minoranza della popolazione e, in alcuni casi, dimenticato come il manx dell’isola di Man, ciò che oggi unisce le popolazioni di origine celtica è, curiosamente, proprio la musica. A partire dal 1950 le ricerche degli etno-musicologi hanno messo in luce un patrimonio di musica popolare, o tradizionale, che si era conservato intatto particolarmente in Irlanda e che è stato riconosciuto come proprio dalle altre popolazioni celtiche. Esse, contemporaneamente, hanno approfondito le ricerche sulle loro tradizioni, scoprendo tesori musicali che stavano per essere dimenticati per sempre.
Oggi si tengono durante l’estate, soprattutto in Irlanda, Bretagna, Scozia e Galles (ma perfino in Italia), festival di musica celtica che possono contare su numerosi spettatori, giovani e meno giovani. Il festival Interceltico di Lorient in Bretagna (in cui si esibiscono gruppi di suonatori e danzatori provenienti da tutti i Paesi celtici) richiama per un’intera settimana 350.000 spettatori, di cui almeno 20.000 provenienti dall’Italia. Il revival della musica celtica, al di fuori dell’Irlanda, è strettamente legato alla rinascita delle vocazioni politiche autonomistiche e al tentativo, certo difficile, di sostituire il vecchio idioma, andato in disuso, alla lingua imposta dai “colonizzatori”. La sola Irlanda, pagando un altissimo prezzo, è riuscita a realizzare questo sogno che oggi hanno raggiunto, sia pure in parte, gli Scozzesi e i Gallesi. E’ comunque l’intera Bretagna che combatte per la propria autonomia e per affiancare la propria lingua al francese. Recentemente (1998) l’ostinazione dei Bretoni è stata premiata: il governo Jospin, accogliendo una raccomandazione del Consiglio d’Europa, intende introdurre l’insegnamento scolastico delle lingue locali. Negli ultimi anni anche la Galizia e le Asturie hanno scoperto, attraverso la musica, le proprie origini celtiche che ora rivendicano, nel quadro delle richieste di autonomia delle regioni spagnole.
Fino a oggi tutti i movimenti autonomisti si sono dovuti imporre con la forza. Solo di recente Scozia e Galles hanno raggiunto un buon grado di autonomia in accordo con il governo centrale del Regno Unito. Le alternative ragionevoli, quindi, esistono, e si può solo sperare che la musica rappresenti un elemento di unione fra Paesi che vantano origini comuni piuttosto che un motivo di divisione nei confronti delle nazioni alle quali sono legati politicamente da molti secoli.

1. continua



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Sante Gaiardoni
In genere mi piace la musica popolare e quando mi capita di viaggiare cerco di andare a sentire la musica del posto(mi e' capitato ad esempio in Portogallo,per il fado),riguardo la musica celtica non sono molto addentro ,pero'possiedo qualche cd di Carlos Nunez,l'arpista galiziano ed e' una musica che fa decisamente sognare




"Aspettero'ancora qualche anno per sentirmi dire:sei grande!"
14/08/2004 17:41
 
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Martino Mio
Il salvataggio della musica tradizionale irlandese

La sopravvivenza della musica tradizionale irlandese ha qualcosa di miracoloso ed è legata ad un atto di mecenatismo di cui non esistono molti precedenti, in un’epoca in cui non erano state ancora inventate le sponsorizzazioni. Verso la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento un ricco uomo d’affari di Belfast, un certo Mr. Bunting, si rese conto che musicisti di strada irlandesi, diretti continuatori dei bardi medievali, rischiavano di scomparire e che le loro musiche, mai annotate prima, avrebbero fatto la stessa fine. Stabilì, quindi, che i gruppi o i singoli che si fossero presentati in un certo teatro e avessero suonato le loro melodie e cantato le loro ballate di fronte ad una commissione avrebbero ricevuto un consistente premio in denaro. Vera manna per quei poveri musicisti, spesso cechi e storpi che, come la maggior parte degli artisti di strada del tempo, se la passavano economicamente molto male. Il risultato fu che si presentarono in massa all’appuntamento, la commissione trascrisse le musiche che vennero poi pubblicate dalla Irish Manuscripts Commission (Commissione irlandese per i manoscritti), il Signor Bunting spese probabilmente più di quello che aveva preventivato, ma una buona parte del patrimonio della musica popolare irlandese venne salvato per i posteri.
Un altro insperato contributo arrivò dall’America. Nel 1910, dopo essere andato in pensione, il comandante della polizia di Chicago, Francis O’Neill, diede alle stampe il volume “Irish Folk Music”, che raccoglieva 1850 canzoni e arie imparate dalla madre, dal padre e dal nonno durante l’infanzia trascorsa nel West Cork. A esse se ne aggiunsero altre raccolte fra gli immigrati inglesi. Con l’aiuto del sergente James O’Neill, un poliziotto musicista che trascrisse le note, alla fine le canzoni e le musiche furono più di 2000. La musica popolare era talmente radicata fra le popolazioni del Gaeltacht, la parte Occidentale dell’Irlanda dove si parla prevalentemente gaelico, che non c’è biografia dei più importanti cantanti irlandesi in cui non si faccia cenno al fatto che essi hanno imparato le loro canzoni in tenerissima età, ascoltandole dai nonni. Questo non vale solamente per i cantanti più tradizionali, ma persino per le nuove star del pop, come Enya, Sinead O’Connor, i Corrs e gli U2.
Quindi, annotazioni musicali a parte, la memoria popolare si è dimostrata quanto mai resistente. A questo proposito, non bisogna dimenticare che fino a pochissimi anni fa l’Irlanda era un Paese prevalentemente agricolo, tagliato fuori dal circuito delle mode e della cultura mass-mediatica. In un tale contesto, le tradizioni popolari si conservavano certamente meglio che non in un ambiente soggetto a violente interferenze esterne. Non appena divenne possibile la registrazione esterna della musica, ben prima che la ricerca sul campo diventasse di uso comune fra gli etno-musicologi di altri Paesi, gli Irlandesi cominciarono a registrare le loro musiche. Di questo fatto troviamo una gustosa testimonianza in un racconto di Seán O’Faolain, “La fine del disco”:
Nell’ospizio dei poveri circolò la notizia che nel cortile ci fosse un uomo con un camioncino attrezzato per fare registrazioni. Raccoglieva vecchie storie e canzoni. “E dicono che ti dia una moneta da 5 scellini sull’unghia per due versi di una vecchia canzone”, disse Thomas Hunter, un vecchio di Choomacoppal, nel West Kerry, dimenticando che i pezzi da 5 scellini non erano più in circolazione. “O per una storia, se ne hai una buona”.
Il brano di O’Faolain, uno dei maestri del racconto irlandese moderno, è probabilmente del 1930. Dovevano passare almeno vent’anni prima che le mondine della Pianura Padana si vedessero prese di mira da strani tipi barbuti interessati ai vecchi cori che esse avevano quasi dimenticato.

2. continua


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Martino Mio
La musica irlandese

In nessuna delle nazioni celtiche come in Irlanda la musica popolare è stata sempre viva, parte indissolubile delle tradizioni, almeno nelle zone rurali e in quelle di lingua gaelica, il cosiddetto Gaeltacht. Agli inizi del 1960 Seán Ó Riada, un compositore visionario e suonatore di clavicembalo di Cork, trasformò il suo gruppo di musica classica, Ceoltoiri Chualann, optando per un repertorio di musiche popolari irlandesi, sia pure rivisitate in stile accademico. Nel 1963 la prima cornamusa del gruppo, Paddy Maloney, formò The Chieftains, un gruppo decisamente orientato verso l’interpretazione delle musiche tradizionali in modo meno accademico.
Il nuovo sound, fresco e accattivante, da una parte si rifaceva alla tradizione popolare più genuina, dall’altra veniva rivisitato per essere reso accettabile alla sensibilità moderna. I Chieftains furono subito salutati come un nuovo fenomeno musicale dalla critica più avveduta, ma dovettero passare alcuni anni prima che al gruppo arridesse un successo più ampio. Nel frattempo negli Stati Uniti, dove aveva ormai preso piede il folk revival, si stavano imponendo alcuni cantanti irlandesi come Tommy Makem e Liam Clancy, che venivano riscoperti in Irlanda attraverso l’intermediazione americana, che doveva rimanere essenziale anche in futuro per decretare il successo di un gruppo o di un solista. Non si deve mai dimenticare che gli Irlandesi d’Irlanda sono poco più di 5 milioni, mentre gli Irlandesi d’America sono più di 22 milioni e per la maggior parte quasi fanaticamente legati a tutto ciò che ricorda loro la Patria d’origine.
Anche per la musica, quindi, il vero mercato per gli Irlandesi è rappresentato dagli Stati Uniti. Nel giro di poco tempo la musica popolare, che fino ad allora era stata confinata in un ghetto ed era considerata una manifestazione musicale di secondo ordine, buona al massimo per intrattenere un pubblico di contadini, divenne quasi di moda. I motivi tradizionali, che erano rimasti sepolti nella memoria di vecchi violinisti o di rugose bisnonne, ripresero improvvisamente vita, si diffusero attraverso i singing pubs, i festival, i pub irlandesi di Londra e poi attraverso l’industria discografica internazionale, sempre pronta a cavalcare successi.
A questo punto, così come negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Italia, si assiste al fenomeno di intellettuali che scrivono le parole o la musica di nuove canzoni in stile popolare. Alcune delle più belle ballate, ormai entrate nel repertorio folk come Fairy Tale of New York, Dirty Old Town, The flight of the Earls, The auld triangle, Mc Alpine’s fusiliers, sono di autore contemporaneo.
Curiosamente, tranne che per qualche canzone dichiaratamente pro IRA, la canzone politico-sociale, che innescò il folk revival in Italia e rappresenta una parte importante di quello americano, è quasi completamente assente dal panorama della musica folk irlandese, per lo meno in termini di polemica accesa. Certamente non mancano i riferimenti alla situazione sociale dell’Isola, ma sempre in termini molto pacati. Lo sviluppo ed il successo della musica popolare irlandese passano attraverso gruppi e artisti come i Planxty, Christy Moore, i Dubliners, Liam O’Flynn, Dónal Lunny, Andy Irvine. Seguirono gruppi ormai storici come The Bothy Band, The Dannan e i Clannad.
Intendiamoci, non si tratta di un’operazione al vertice. Il successo non avrebbe mai potuto essere così vasto e diffuso se non fosse esistita in Irlanda una base diffusa di praticanti e ascoltatori che ritrovavano nella musica popolare le proprie radici e culture affettive. Le ballate rappresentano, naturalmente, la parte più importante del patrimonio popolare irlandese, mentre la musica strumentale è soprattutto musica da ballo.
I reels (in 4/4) e le jigs (gighe in 6/8) la fanno da padrone, ma molto diffuse sono anche le hornpipes, originariamente balli di marinai, le polke e le mazurke. Attraverso il ballo si crea un rapporto diretto fra gli esecutori e gli ascoltatori. Anzi, sono i ballerini che dettano il tempo ai musicisti e una buona orchestrina da ballo deve sapersi adattare alla situazione. I motivi a ballo irlandesi consistono essenzialmente di due sezioni, ciascuna di otto battute suonate due volte per un totale di 32 battute, ripetute quindi dall’inizio. Vengono suonati, in genere, due o tre motivi di seguito, poi l’orchestrina (spesso un trio composto dall’opportuno mix di fiddle, cornamusa irlandese, chitarra, flauto, fisarmonica e bodhràn) si interrompe per un rinfresco, invariabilmente un boccale di birra scura. Anche i ballerini non mancano di approfittare dell’occasione per dissetarsi. E così si va avanti per tutta la sera, dopodiché si rientra a casa ondeggiando. Un guaio se si deve guidare un’automobile perché le leggi per chi guida in stato di ebbrezza sono severe e spesso un paio di poliziotti sta di guarda all’esterno dei pubs per verificare la sobrietà dei guidatori.
C’è poi tutta una tradizione di danze folkloristiche spettacolari che, in passato, venivano eseguite all’aperto, sulle strade (Cross road dances) sia da gruppi (sets) che da ballerini solisti, scelti fra i più abili della zona. Oggi si possono vedere talvolta, più che altro come forma di intrattenimento per turisti.
A parte le musiche da ballo, i gruppi (che raramente superano i quattro elementi) si ritrovano normalmente nei pubs. Se la serata prevede un programma e il gestore paga i musicisti, i clienti, a loro volta, pagheranno un supplemento d’entrata e ascolteranno il programma previsto. Più frequentemente, però, i musicisti si riuniscono senza un programma preciso e suonano semplicemente quando ne hanno voglia, per il piacere di suonare o cantare, senza ricevere un compenso. Tutto molto bello, ma al visitatore in cerca di emozioni musicali può accadere di trascorrere la serata in un pub noto per le sue frequentazioni di musicisti e di non sentire una sola nota, semplicemente perché è capitato nella serata sbagliata, quella in cui i musicisti non hanno voglia di suonare. Quando tutto va per il meglio e si crea la necessaria atmosfera di partecipazione degli ascoltatori la serata diventa un crack e, se proprio tutto è perfetto, si tratta di un mighty o ninety crack (vedi la canzone incisa, fra gli altri, dai Dubliners, The crack was ninety in the Isle of Man). Craic, che riteniamo abbia la stessa etimologia di crack, è un termine tipicamente irlandese per definire l’atmosfera di piacevole amicizia e compartecipazione che si diffonde tra i clienti di un pub durante una serata musicale. Il singing pub, tipica istituzione irlandese, è quello in cui i protagonisti non sono tanto i suonatori quanto il pubblico, che (guidato magari da un solo musicista) canta in coro canzoni tradizionali che vanno dal folk al pop d’annata, dal country irlandese al motivo celebre della rock star del momento. A dispetto dei puristi anche il folk irlandese vive su molti livelli. Anche in Italia coesistono nella musica popolare i cori alpini, le mondine di Trino Vercellese e “la Balilla”, così accade in Irlanda e nei singing pubs si può sentire un po’ di tutto, compresi motivi americani ormai entrati nella memoria musicale della gente.
Una cosa è sicura: tutti si divertono come matti ed è meglio non unirsi alla compagnia se si è un po’ snob e di gusti difficili.

3.continua


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Martino Mio
Gli strumenti della musica popolare irlandese

I gruppi tradizionali di musica popolare irlandese si avvalgono di alcuni strumenti che possiamo ben definire autoctoni, ossia nati e sviluppatisi in Irlanda. Essi conferisco alla musica irlandese quel suono particolare che la fa riconoscere d’acchito fra le musiche scozzesi e bretoni, pur molto simili. Ci riferiamo, innanzitutto, all’arpa celtica o bardica (cláirseach), la cui esistenza viene citata in documenti risalenti all’VIII secolo d.C.
Nella long room della biblioteca del Trinità College di Dublino sono conservate due antiche arpe, di cui una viene collegata a Brian Borù (proclamatosi re d’Irlanda nel 1002), che ne sarebbe stato il proprietario. In realtà si tratta, con molta probabilità, di uno strumento del XIII secolo, ossia di almeno 200 anni più tardo. L’arpa celtica è considerata uno strumento così tipicamente irlandese da essere stata scelta, insieme al trifoglio, come simbolo nazionale. Era lo strumento di elezione dei bardi e fu molto utilizzata nella musica barocca. Uno degli ultimi bardi fu Turlough O’Carolan (1670-1738) che risentì di influenze italiane, in particolare di quella del compositore Arcangelo Corelli.
In origine le corde dello strumento erano metalliche e venivano pizzicate con un plettro. Oggi si usano le normali corde musicali che vengono toccate con la punta delle dita. Maire Nì Chathaisaigh è una delle più acclamate interpreti moderne.
Le sue esecuzioni sono piene di fuoco e passionalità, il che non si può dire di altri interpreti, nelle cui mani l’arpa celtica scade spesso nella banalità di certa musica new age o, peggio, in quella delle sagre folcloristiche per turisti legate ai banchetti celtici in antichi castelli.
Non meno autenticamente irlandesi sono le uilleann pipes, le cornamuse irlandesi, forse lo strumento più difficile da suonare.
Oltre ad essere molto complicato tecnicamente è dotato di bizzarra personalità e si sottomette solo ai veri esperti. La tradizione narra che occorrano sette anni per imparare a suonarla, altri sette per impratichirsi, più sette per poterla veramente dominare. La melodia viene eseguita su di un charter a nove fori con il quale si può raggiungere l’estensione di due ottave cromatiche. L’otre che fornisce l’aria viene tenuto sotto il gomito sinistro ed è a sua volta rifornito da un mantice tenuto sotto il braccio destro. Le note possono essere modulate con l’uso di chiavi. Saperle usare al meglio rappresenta la vera differenza fra un suonatore esperto e un dilettante.
Mentre le cornamuse scozzesi sono di origine medievale, quelle irlandesi appaiono solo molto più tardi, all’inizio del Settecento. Fra i grandi suonatori di cornamusa irlandese si ricorda Sèamus Ennis, che diede origine a un tipo di musica gentile, priva di asprezze, non a caso definita parlour style (stile da salotto) e si oppone allo stile traveller (da viaggio) usato dai suonatori ambulanti che frequentano specialmente le fiere e hanno bisogno di suonare in modo più robusto per sollecitare l’interesse degli ascoltatori. I maggiori rappresentati di questo stile furono i fratelli Johnny e Felix Doran.
Il bodhrán è il tamburo irlandese in pelle di capra tesa su di un corpo di legno, che fornisce la base per le percussioni, e può essere battuto con la mano o con una bacchetta usata in entrambe le estremità, detta cipìn, tipper o beater. I migliori suonatori di bodhràn vengo dalla contea di Galway.
Una curiosità sono le ossa (bones), originariamente due ossa di bue, oggi spesso due pezzi di legno a forma di ossa, che vengono tenute in mano, una fra il pollice e l’indice, l’altra fra l’indice e il medio e che, battute insieme come le nacchere, forniscono il supporto ritmico, specialmente ai tempi veloci dei reels e delle gighe.
C’è poi il tin whistle (anche solo whistle) o zufolo di latta, che è esattamente ciò che è descritto dalla traduzione italiana: lo zufolo che viene dato ai bambini come giocattolo e che, normalmente assorda gli orecchi degli adulti con suoni sgraziati. Solo gli irlandesi riescono a fare di questo oggetto un autentico strumento musicale, il cui utilizzo richiede grande abilità. Oggi, però, gli strumenti hanno raggiunto una notevole perfezione tecnica. Ogni zufolo copre due ottave e ha una sua intonazione particolare. Quindi ogni suonatore ha a sua disposizione più di uno strumento e, per questa ragione, si dice spesso che suona i tin whistle, al plurale.
Uno strumento molto simile è il low whistle, versione riveduta, corretta e migliorata dello zufolo di latta.
Passiamo ora a una serie di strumenti che, pur non essendo originali, sono spesso parte essenziale della musica irlandese. In primo luogo il violino, per il quale viene usata la forma popolare fiddle. Si tratta di un normale violino che, però, come nella musica popolare americana, viene impugnato in avanti e verso il basso piuttosto che parallelo alla spalla, e appoggiato al petto anziché tenuto sotto la guancia. Sembra che tale posizione vada a vantaggio della velocità di esecuzione.
Gli esperti distinguono numerose tecniche, legate al luogo di origine dei musicisti. Si va dall’esecuzione colorita ed elaborata dei musicisti di Sligo a quella melodica e scorrevole dei violinisti di Donegal, per non parlare delle scuole fiorite nelle varie isole.
Naturalmente sono spesso usati i flauti di diverso tipo. Il più diffuso è il flauto irlandese, simile ai flauti traversi in mogano usati nel XIX secolo prima dell’affermazione del sistema Bohm.
Hanno un suono più robusto e un tono più arioso rispetto ai flauti traversi in metallo.
Nei tardi anni Sessanta di questo secolo è stato introdotto nella musica irlandese, ad opera di Johnny Moynihan, il bouzouki (nella grafia inglese), strumento simile al mandolino, tradizionale della musica greca. Del resto, spesso troviamo il banjo, per non parlare della chitarra, usati sia come sostegni ritmici che per assoli.
Altri strumenti che si incontrano frequentemente sono la concertina e l’organetto diatonico; la fisarmonica, come sempre accade, offre ai virtuosi grandi possibilità di mettersi in luce. Nelle orchestre di questi ultimi anni hanno fatto la loro comparsa il sintetizzatore e le tastiere elettroniche, troppo comode per essere rifiutate. Fra queste ultime spicca il clavinet, che ha sonorità simili a quelle del clavicembalo. Gli innovatori non mancano di usare strumenti elettrici, come le chitarre e il violino.

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Martino Mio
La cornamusa

Fra gli strumenti della tradizione popolare un posto di riguardo viene riservato alla cornamusa, che nella musica celtica occupa una particolare posizione di privilegio. Ovviamente gli strumenti si differenziano a seconda della regione dalla quale originano: la uilleann bagpipe (o semplicemente pipe) irlandese, la Hoghland bagpipe classica e la Scottish smallpipe, due tipi diversi di cornamuse usate in Scozia, la Northumbrian smallpipe, usata nella regione inglese ai confini con la Scozia e perciò definita anche talvolta border smallpipe, la gaita iberica, il gaidy slovacco, la koza polacca, la duda ungherese, il mih croato, la mezued tunisina e i numerosi tipi di cornamuse francesi, dalla piccola biniou alla véze o veuze bretoni, alla cabrette, alla musette, alle cornamuse, di cui esistono diverse varianti, cornamuse populaire, Berry, bourbonaise, ecc.
La più complessa è sicuramente quella irlandese, ma in sostanza tutte le cornamuse sono uno sviluppo della zampogna, molto diffusa in Italia e in tutto il Mediterraneo, e hanno in comune la presenza di un otre che costituisce una riserva d’aria. Il suono viene modulato mediante una canna con i fori (in inglese chanter) aprendo e chiudendo i quali si può suonare su di una scala di nove note (per la Highland pipe) o di due ottave cromatiche (per la cornamusa irlandese). Sul chanter viene suonata la melodia principale, mentre le tre canne più lunghe, quelle che spuntano sopra la spalla sinistra del suonatore, sono dette drones e forniscono ciascuna una nota fissa tremolante che serve da accompagnamento.
I primi esempi di questo strumento sono riconducibili alla cultura romana, in cui la zampogna modificata veniva definita utriculus o ascopa (bisaccia). Nulla del genere esisteva, invece, in Grecia dove la vasta iconografia locale ci presenta solo zufoli, flauti di Pan (o siringhe), l’aulòs (due pifferi divergenti suonati separatamente) e altri strumenti, mancanti, comunque, di otre, la caratteristica della cornamusa.
Lo strumento usato dal pastore Marsia nella sfida musicale con Apollo era già, probabilmente una cornamusa, in quanto la leggenda parla della presenza di un “otre e tre canne” nello strumento inventato da Atena. La dea, specchiatasi in un ruscello, si accorse che soffiando nella cornamusa le si deformavano le gote e, adiratasi, la gettò, maledicendo chi l’avesse raccolta. Marsia trovò lo strumento e sfidò Apollo a una gara musicale, vantando che la cornamusa producesse la più bella musica al mondo. Fu così che Apollo vinse la gara e si vendicò legando Marsia ad un albero e scuoiandolo vivo.
Nei racconti del folclore irlandese e di altri popoli la cornamusa possiede il potere di indurre tutti a ballare. Per la verità, questo è un motivo che si riscontra anche riferito ad altri strumenti, ma si tratta di episodi singoli, mentre il potere della cornamusa è ben radicato e documentato da moltissimi esempi.
Pur con il suo suono gentile e quasi belante, la cornamusa è associata a fatti di guerra fin dal 55 a.C. quando Giulio Cesare, in una delle sue brevi scorribande in Britannia riuscì, secondo la leggenda, a sconfiggere la cavalleria locale usando il suono delle cornamuse, capace di spaventare i cavalli.
Un gruppo di cornamuse bretoni fa parte della banda della marina militare francese, certamente in onore delle tradizioni marinare di quella regione atlantica.

5. continua
[SM=x520497]


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Martino Mio
LA HIGHLAND BAGPIPE.

La Highland bagpipe (o solo pipe) è certamente la cornamusa più conosciuta, in quanto parte integrante del folclore scozzese. Esistono altre cornamuse scozzesi, fra le quali la più diffusa è la smallpipe, in uso specialmente nelle Lowlands, al confine con l’Inghilterra e il Northumbria, dove si trova una cornamusa molto simile alla smallpipe scozzese. Per quanto possa apparire dissacrante, oggi la maggior parte delle Highland bagpipes sono costruite in Pakistan dove, del resto, alcuni reggimenti proseguono una tradizione acquisita tramite i militari scozzesi di stanza nel Paese, ai tempi in cui il Pakistan era una colonia britannica.
Fu solo intorno al XVI secolo che la cornamusa scozzese assunse una forma definitiva, ma anche oggi può presentare notevoli varianti. La più importante è la presenza di un otre, che ha la funzione di riserva d’aria. In altri modelli viene alimentata direttamente dal fiato del suonatore. In questo caso si tratta, quindi, tecnicamente di zampogne più che di cornamuse. Si possono ricordare le parlor pipes, dal suono meno potente, adatte per essere suonate in casa, con accompagnamento di flauti e zufoli. Le reel pipes sono più piccole delle Highland, ma hanno un suono egualmente potente e sono generalmente usate per la musica da ballo al chiuso.
In Scozia alcuni clan, più di altri, si dedicarono a sviluppare il suono dello strumento. Fra di essi i MacCrimmons (ai quali risale un brano classico del repertorio per cornamusa, il MacCrimmons Lament).
Intorno al 1700, nel periodo delle guerre in cui gli scozzesi appoggiarono la casa Stuart e, in particolare Giacomo II, che aveva dovuto rinunciare alla corona d’Inghilterra, la cornamusa assunse la connotazione militare che anche oggi è predominante.
La musica delle cornamuse è definita genericamente pibroch (in gaelico piobaireachd), e consiste in un tema con variazioni che può essere una marcia (march), un lamento (lament), il richiamo per un’adunata (gathering), un lento (slow air), una musica da ballo (reel, strathpey, hornpipe).
Dall’inizio dell’Ottocento le cornamuse sono parte integrante dei reggimenti scozzesi ed è il loro suono a guidarli in battaglia. Il cinema ci ha rappresentato in più occasioni l’episodio di un piccolo gruppo di militari, assediati e prossimi a capitolare, che improvvisamente si rianimano al suono flebile e lontano delle cornamuse che preannunciano l’imminente arrivo di rinforzi.
La funzione delle cornamuse è piuttosto quella di guidare le truppe d’assalto. I quadri e le stampe che ci hanno tramandato gli scontri di frontiera fra scozzesi e inglesi mostrano sempre in primo piano le cornamuse, mescolate a guerrieri dall’aspetto – a dir poco – feroce che sembrano indotti in stato di trance dal suono ipnotico di questo strumento tipico delle Highland.
Un buon suonatore di cornamusa è tenuto in grandissimo onore nell’esercito, un maestro viene disputato con la concessione di una sistemazione prestigiosa in uno dei reggimenti di maggior tradizione (e si presume che sia anche ben remunerato).
Recentemente la cornamusa ha trovato un proprio spazio anche nella musica folk e folk-rock, soprattutto per merito di Alan McLeod, Duncan McGillivray, Iain MacDonald e John Burgess.

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15/09/2004 12:42
 
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ehm... Red... ti ricordo che mi devi una ghironda... non penserai di abbandonare tutto questo po' po' di discorso così???

[SM=x520514]
15/09/2004 20:59
 
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Martino Mio
Re:

Scritto da: mavala' 15/09/2004 12.42
ehm... Red... ti ricordo che mi devi una ghironda... non penserai di abbandonare tutto questo po' po' di discorso così???

[SM=x520514]



Claro che no!
Sono previste ancora almeno una trentina di puntate sulla musica celtica.
Mica è finita, abbi fede (e pazienza, soprattutto) [SM=g27822]

[SM=x520497]


Se la Fabbrica Italiana Automobili Torino si chiama FIAT,
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16/09/2004 12:28
 
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Sante Gaiardoni
Naturalmente vogliamo anche una discografia completa..scherzo ,pero' i migliori dischi da acquistare ci devono essere[SM=x520497]


"Aspettero'ancora qualche anno per sentirmi dire:sei grande!"
16/09/2004 18:20
 
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Martino Mio
Re:

Scritto da: clopat 16/09/2004 12.28
Naturalmente vogliamo anche una discografia completa..scherzo ,pero' i migliori dischi da acquistare ci devono essere[SM=x520497]



Ah ma allora mi volete far fare gli straordinari!
E va bene, almeno gli interpreti più prestigiosi, non dico conosciuti perché non lo sono, ma i più importanti ci saranno.
Datemi tempo [SM=g27822]

[SM=x520497]


Se la Fabbrica Italiana Automobili Torino si chiama FIAT,
perché la Federazione Italiana Consorzi Agrari si chiama Federconsorzi?
14/01/2005 18:06
 
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Molto interessante Redarrow [SM=x520499]


Spero non vi dispiaccia se ho segnalato questa discussione su un paio di forum a tema celtico,

questo

e


quest'altro


14/01/2005 18:34
 
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Martino Mio
Dispiacermi?
No, anzi ne sono molto contento.
Io sono un estimatore della musica celitca, non un intenditore.
Quindi un confronto e, soprattutto, avere delle notizie da chi ne sa più di me non può che farmi piacere ed aiutarmi ad ampliare la mia conosscenza di questo magico mondo della musica celtica.

[SM=x520499] (ovviamente Guinness draught[SM=x520505] )


Se la Fabbrica Italiana Automobili Torino si chiama FIAT,
perché la Federazione Italiana Consorzi Agrari si chiama Federconsorzi?
26/08/2005 00:37
 
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Scolopendra umana
un dubbiettino...

Fu così che Apollo vinse la gara e si vendicò legando Marsia ad un albero e scuoiandolo vivo.



Magari mi sbaglio, ma mi par di ricordare (ho appena finito di traslocare, e parte dei miei amati libri è tuttora dispersa...non sono in grado di controllare [SM=x520489] ) che Apollo PERSE la gara e, proprio per questo si vendicò in maniera così terrificante...

A parte questo (peraltro trascurabile) dettaglio, trovo la serie di articoli estremamente interessante ed istruttiva... spero continui prima o poi...

Ciao
Franco


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Scolopendra umana
...errore di sbaglio...
Quella santa donna di mia moglie è riuscita a recuperare il libro che non trovavo...

Mi cospargo il capo di cenere, con i fagioli sotto le ginocchia... ho toppato!

Apollo VINSE la gara, e scuoiò Marsia come punizione per aver osato sfidarlo...

Faccio pubblica ammenda... si vede che con l'età la memoria se ne va ai molluschi bivalvi (aka cozze...[SM=x520489] )

[Modificato da EffeCi61 26/08/2005 9.22]



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Dubito, ergo sum

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05/04/2006 14:01
 
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Un amico mi ha regalato poche sere fa un cd fantastico di musicisti che suonano Vivaldi mescolandolo all'Irish tradizionale.Qualcosa di unico e bello davvero.
Il cd si chiama :
O’STRAVAGANZA
Fantasy on Vivaldi and the Celtic music of Ireland
Arrangements by Hughes de Courson and Youenn Le Berre

L'ho duplicato alla dottoressa che lo ha messo in sottofondo allo studio dentistico...oh,fa un effettone! [SM=g27811]


XXXXXXXXXXXXXXXX

Gli amici passano anni a cercare di trovarti un fidanzato e, quando lo trovi, sperano che ti molli.
07/04/2006 16:36
 
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Re:

Scritto da: Bridget Jones71 05/04/2006 14.01
Un amico mi ha regalato poche sere fa un cd fantastico di musicisti che suonano Vivaldi mescolandolo all'Irish tradizionale.Qualcosa di unico e bello davvero.
Il cd si chiama :
O’STRAVAGANZA
Fantasy on Vivaldi and the Celtic music of Ireland
Arrangements by Hughes de Courson and Youenn Le Berre

L'ho duplicato alla dottoressa che lo ha messo in sottofondo allo studio dentistico...oh,fa un effettone! [SM=g27811]



te fai bella co la musica degli altri eh?...brava brava [SM=x520512]


La realtà è frutto di chi non sa affrontare le droghe...
08/04/2006 21:19
 
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Re: Re:

Scritto da: simonphenom 07/04/2006 16.36


te fai bella co la musica degli altri eh?...brava brava [SM=x520512]


Beh, dagli altri prendo sempre il meglio...di te ho preso il cd... [SM=x520524]


XXXXXXXXXXXXXXXX

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11/10/2006 01:19
 
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Obababibba
una ltro po' di chieftains
commistione gallega/irish...
[SM=x520499]

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"Ma noi siamo in tre: io, Smith e Wesson"
Clint Eastwood
12/10/2006 17:14
 
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Re: una ltro po' di chieftains

Scritto da: bibba 11/10/2006 1.19
commistione gallega/irish...
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<



chieftains con il grande eroe galiziano Nunez, il tutto condito con Irish dancer??' ma tu vuoi farmi morire!!!
...adesso capisco il perchè del tuo avatar... [SM=g27826] [SM=g27826]



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benedici noi con il tuo agognato sguardo,
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