Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
WWW.VICOLOSTRETTO.NET

Ciao marinaio...ora sei su questa spiaggia: benvenuto! Visita il Vicolo e passeggia insieme a noi.
Abbiamo molte storie da raccontarci. Librati in volo e segui il gabbiano.
E lascia che il vento corra, coronato di spuma.
(...e il vento soffiò, per l'intero giorno, portandosi via tutte le parole...)


Nuova Discussione
Rispondi
 
Stampa | Notifica email    
Autore

FRANCIS DURBRIDGE E LA RAI

Ultimo Aggiornamento: 22/10/2014 22:35
30/10/2013 18:44
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 65
Registrato il: 02/09/2013
Sesso: Maschile
Naufrago
Può darsi benissimo che sia come dici. Non so se riusciremo mai a risolvere il dubbio. [SM=g27833] L'unica speranza credo che sia andare a spulciare nei vecchi numeri del Radiocorriere. Magari negli articoli che dedicarono allo sceneggiato, troverò qualche informazione più precisa.
30/10/2013 22:07
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 710
Registrato il: 04/09/2004
Città: GENOVA
Età: 54
Sesso: Maschile
Guardiano del faro
Re:
a.scaglioni, 30/10/2013 18:44:

Può darsi benissimo che sia come dici. Non so se riusciremo mai a risolvere il dubbio. [SM=g27833] L'unica speranza credo che sia andare a spulciare nei vecchi numeri del Radiocorriere. Magari negli articoli che dedicarono allo sceneggiato, troverò qualche informazione più precisa.


Sì, penso anch'io che sia difficile chiarire la questione. Del 'Radiocorriere' possiedo molti numeri, ma purtroppo nessuno che parli di 'A come Andromeda'. Nel sito che hai segnalato, si accennava alla musica, che deriverebbe da un brano di Henry Purcell; ma visto che questo è un topic dedicato a Durbridge, ne parlo nella sede adatta. [SM=x520510]




- Pensi che un uomo possa cambiare il suo destino?
- Penso che un uomo fa quello che può, finché il suo destino non si rivela.
(L'ultimo samurai)
31/10/2013 13:15
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 65
Registrato il: 02/09/2013
Sesso: Maschile
Naufrago
Infatti, direi anch'io di chiudere qui la questione di "A come Andromeda", rimandando ogni ulteriore commento sul topic appositamente dedicato a questo sceneggiato. Ma prima di concludere definitivamente, posso dirti che sono andato a controllare sul Radiocorriere TV delle settimane in cui andò in onda (grazie alla fornitissima Biblioteca Nazionale della mia città), e credo di avere risolto i dubbi: probabilmente hai ragione tu. [SM=g27811] Franca Cancogni non dovrebbe entrarci per nulla. Sul n.2 del 1972 si dice chiaramente che il solo Inisero Cremaschi si è occupato dell'adattamento dello sceneggiato originale. Non si parla affatto della Cancogni o di traduzione neanche nella scheda illustrativa del programma, quindi è possibile che Cremaschi si sia davvero basato su quella già esistente del libro, che lo stesso Hoyle trasse dal copione scritto in collaborazione con John Elliot. Così ci siamo tolti la curiosità e qui potremo tornare ad occuparci di Durbridge. E a questo proposito, più tardi aggiungerò l'ottava puntata del mio articolo. [SM=x520510]
[Modificato da a.scaglioni 31/10/2013 13:21]
31/10/2013 18:07
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 65
Registrato il: 02/09/2013
Sesso: Maschile
Naufrago

FRANCIS DURBRIDGE E LA RAI
Analisi di un fenomeno in una televisione che non esiste più

di A. Scaglioni

Ottava puntata

Nell'estate del 1973, i fans italiani di Durbridge che ormai si erano abituati da quattro anni ad avere notizie in quel periodo dell'anno di qualche nuovo sceneggiato del loro idolo in preparazione, restarono delusi. L'estate passò, e passò anche l'autunno senza che nessuna buona nuova giungesse dai soliti canali, Radiocorriere TV o altri settimanali del settore. Certo, i gialli, in quell'anno e in quello successivo, non mancarono: dall'esordio di quello che si può considerare il primo vero esempio di una serie di telefilm polizieschi italiani, "Qui Squadra mobile", tratti da romanzi e racconti di Felisatti e Pittorru, una nuova coppia di giallisti, che è un po' progenitrice di tutte le moderne fictions su squadre o distretti di polizia, ma che a differenza di quelle era perfettamente inquadrata in un contesto realistico, proprio come richiedevano i canoni del "nuovo giallo"; a "Serata al Gatto Nero", dei veterani Casacci e Ciambricco, ormai orfani del tenente Sheridan, che imbastirono questo curioso giallo in due puntate, a metà tra fiction e varietà; a "Ho incontrato un'ombra", del nostro Biagio Proietti, oggi ricordata soprattutto per la splendida colonna sonora del maestro Pino Calvi; all'arrivo di due personaggi classici del poliziesco ante-guerra, uno nostrano, "Il commissario De Vincenzi" di Augusto De Angelis, e un'altro arrivato dritto dritto dall'America proibizionista e dandy degli anni '20, "Philo Vance" di S.S.Van Dine. Interpretati rispettivamente da due leoni della tv e del teatro come Paolo Stoppa e Giorgio Albertazzi, fecero rivivere, ciascuno per tre storie di due puntate l'una, ai cultori del giallo classico quella vecchia familiare atmosfera che sembrava già archiviata dai tempi nuovi.
E la lista potrebbe anche allungarsi se ci aggiungessimo le stagioni 74-75 e 75-76 e ci soffermassimo su "Ritratto di donna velata" di Flaminio Bollini, "La traccia verde" di Silvio Maestranzi, il già citatissimo "Dov'è Anna?" di Piero Schivazappa, su soggetto e sceneggiatura di Biagio Proietti, in coppia con la moglie Diana Crispo, ed altri ancora. Ma fino alla primavera del 1976, nessuna notizia di Francis Durbridge in tv. L'unica occasione in cui gli appassionati dello scrittore inglese poterono lenire un po' la loro crisi di astinenza fu nel febbraio del 1975, quando il Secondo Programma radiofonico mandò in onda una nuova inchiesta di Paul Temple, "La ragazza scomparsa", la sesta trasmessa in versione italiana, in cui ancora una volta lo scrittore detective cambiava voce, assumendo stavolta i toni caldi e profondi di Alberto Lupo.
Ma dicevamo, nell'Aprile del 1976, mentre la tv di stato era ormai in piena riforma (cambiavano i vertici, arrivava una terza rete e i tre canali assumevano le denominazioni di Rete 1, Rete 2 e Rete 3, finendo rispettivamente ognuno sotto l'egida dei tre partiti maggioritari, DC, PSI e PCI, in quella che sarà chiamata la "lottizzazione della Rai"), i fedeli lettori del Radiocorriere trovarono quello che era poco più che un trafiletto, dal titolo decisamente curioso: "Durbridge all'ombra del Vomero".
Nelle sue poche righe, l'anonimo redattore annunciava la produzione di un nuovo giallo televisivo di Durbridge in arrivo nei mesi seguenti sui canali Rai che si sarebbe intitolato "La bambola", e spiegava, quasi con un sottile senso di soddisfazione, come questa volta non ci fossero da affrontare trasferte in Inghilterra, dato che la vicenda si sarebbe ambientata totalmente a Napoli e zone limitrofe.
Con un colpo di mano più o meno improvviso, infatti i nuovi vertici della tv di stato, avevano deciso di dare un taglio ai costi, e alle conseguenti critiche che sempre più spesso provocavano da parte dei media. Quasi tutti gli ultimi gialli erano stati girati per le scene in interni nei nuovi studi di Napoli, quindi tanto valeva con alcuni sapienti rimaneggiamenti delle trame spostare le storie stesse in quei luoghi. E così sarebbe avvenuto per almeno i due seguenti sceneggiati di Durbridge, strappati ai caliginosi panorami britannici per precipitarli in quelli assolati dell'entroterra napoletano, non sempre con i migliori risultati.
Ma prima di tutto questo, i fans italiani di Durbridge avrebbero avuto la possibilità di godersi un'ultima sua storia di ambientazione inglese. Infatti, improvvisamente quasi senza farsi annunciare, sul finire di Settembre, approdava sugli schermi di Rete 2, l'ex Secondo Programma, "A casa, una sera", non uno sceneggiato questa volta, bensì un'opera teatrale, il cui titolo originale era "Suddenly At Home", il primo lavoro di questo genere realizzato da Durbridge nel 1971 e andato in scena con grande successo fin da quell'anno, prima al Royal Theatre di Windsor, e successivamente al Fortune Theatre di Londra.
Nella seconda metà degli anni '60, Durbridge aveva interrotto la sua attività di autore di scripts televisivi e radiofonici (il suo ultimo radiodramma, "La Boutique", peraltro scritto su richiesta, era del 1967, mentre "Bat Out of Hell", il suo più recente lavoro televisivo risaliva al 1966) in favore del suo nuovo interesse che lo avrebbe impegnato maggiormente negli ultimi decenni della sua vita: il teatro. Tra il 1971 e il 1998, anno della sua morte, infatti, Durbridge produsse solo tre nuovi copioni per la tv, tutti negli anni '70, e nessuno per la radio, limitandosi a rielaborare soltanto alcuni suoi vecchi radiodrammi, dedicandosi quasi esclusivamente a scrivere romanzi, alcuni originali ma per la maggior parte novelizations di suoi vecchi copioni televisivi e radiofonici, ed a produrre opere teatrali. Entrambe queste attività gli consentivano sicuramente un ritmo di lavoro più tranquillo, senza dover correre dietro ai tempi stretti della radio e della televisione, e più consono alla vita di un flemmatico signore di campagna, come l'autore era divenuto in quest'ultima fase. In tutto, Durbridge avrebbe scritto una decina di commedie, tutte rigorosamente poliziesche, l'ultima delle quali, "Fatal Encounter", uscita postuma nel 2002.
"A casa, una sera", diretta da Mario Landi (regista di tutti i Maigret con Gino Cervi, compreso un episodio girato per il cinema), con la traduzione dell'immancabile Franca Cancogni e l'adattamento televisivo dello stesso Landi, era una versione piuttosto fedele dello spettacolo da cui era tratta, la cui impostazione teatrale, tutta giocata in interni, permise di mantenere l'ambientazione originale inglese, pur girando l'intera vicenda negli studi Rai di Torino. Trasmessa in due serate consecutive, giovedì 23 e venerdì 24 Settembre 1976, raccontava una storia abbastanza diversa da quelle a cui Durbridge ci aveva abituato. Nessun misterioso assassino da smascherare, nessun complotto a base di bande criminali di ricattatori o spie, ma solo un complicato piano uxoricida esplorato nel suo divenire. Insomma la più classica delle situazioni da "intrigo in famiglia", più nello spirito di un Hitchcock o di una Christie che non del nostro Durbridge. La vita coniugale di Maggie e Glenn Howard è solo apparentemente felice. Lei, in seguito alla morte del padre, ha ereditato una fortuna, ma per entrarne in possesso ha dovuto rinunciare alla burrascosa convivenza con Sam, uno scrittore di gialli di non eccelse qualità, e sposare Glenn. Lui ha un lavoro rispettabile che lo ha reso preferibile a Sam, ma che non gli consente di competere finanziariamente con la moglie, di cui ha un gran desiderio di sbarazzarsi. Ha anche un'amante, Sheila, attrice e amica di Maggie. D'accordo con Sheila, Glenn organizza quello che sembra un delitto perfetto. Fissa un falso appuntamento dal parrucchiere per la moglie, la soffoca con un cuscino, poi l'affonda con la macchina in uno stagno presso la casa di Sam, inscenando un incidente. Sheila, fingendosi Maggie, dovrà poi telefonargli a casa, dove lui avrà procurato la presenza di un testimone, il medico di famiglia, nel momento della telefonata della "moglie". Ma mille imprevisti complicano l'attuazione del piano: una telefonata inattesa, la cognata Helen che piomba in casa mentre il cadavere è ancora sul divano, il medico costretto a disdire l'appuntamento, Sam che si rivolge alla polizia, Sheila che ha una reazione pericolosa in presenza di testimoni. E benché Glenn, con incredibile sangue freddo, riesca a far fronte a tutto, dovrà sudare molto più di quanto immaginasse per cercare di sviare i sospetti dell'ispettore Happleton e più ancora del sorprendente sovrintendente Remick di Scotland Yard, un investigatore il cui intervento non era previsto nel suo "delitto perfetto".
Il cast era composto da Nino Castelnuovo (Glenn), Enrica Bonaccorti (Maggie), Lia Tanzi (Sheila), Giampiero Bianchi (Sam), Grazia Maria Spina (Helen), Tommaso Bartorelli (Happleton) e Ugo Cordea (Remick).
Purtroppo questa è l'unica opera di Durbridge in versione italiana, da "Melissa" in poi, da cui non sia mai stato realizzato un DVD (nè peraltro mi risulta sia mai stata nemmeno replicata, almeno da moltissimi anni a questa parte), per cui c'è la seria possibilità che la registrazione sia andata persa o danneggiata. Il ricordo che ne avevo io era un po' nebuloso, e ho dovuto quindi ripassarmi il testo originale della commedia (pubblicato per chi fosse interessato, come tutti gli altri lavori teatrali di Durbridge, dalla casa editrice Samuel French di Londra) oltre che ricorrere alle sempre utilissime schede illustrative del Radiocorriere TV per ricavare questo riassunto un po' sommario, ma che spero abbia chiarito abbastanza la trama. Speriamo che prima o poi, dai meandri labirintici delle Teche Rai, sempre potenziale fonte di infinite sorprese, riemergano i nastri di questo lavoro dimenticato di Durbridge, per poter tornare a disposizione di noi appassionati.
Inoltre, per questioni tecniche i dati del Servizio Opinioni per gli anni dal '75 al '79 risultano incompleti e non è di conseguenza possibile dare le percentuali di gradimento, o le medie di spettatori a puntata né per questo, né per i successivi sceneggiati di cui ci occuperemo nelle prossime puntate.
Ma intanto, mentre gli spettatori italiani, appassionati del giallo e di Durbridge in particolare, si gustavano questo inatteso antipasto, il piatto forte, cioè il nuovo sceneggiato, terminate le riprese, passava alla fase di montaggio e post-produzione, pronto ad apparire sugli schermi di Rete 1 (l'ex Programma Nazionale). E il Radiocorriere TV ne dava conferma nel suo numero dei primi di Ottobre. Il titolo sarebbe stato "Dimenticare Lisa", invece de "La bambola", ma, come dicevamo, non sarebbe stato l'unico cambiamento. Per citare Fiammetta Rossi, che scrisse l'articolo: "Dimenticare Lisa si differenzia abbastanza dall'originale di Durbridge, molto riscritto e manipolato. [...] Non si tratta del solito giallo con la meccanica ricerca dell'assassino di turno, bensì di una storia criminosa di stampo contemporaneo in cui le spiegazioni e le responsabilità non sono così facili da scoprirsi e da misurarsi fino in fondo." Tutto molto in tema con il nuovo modo di interpretare il racconto poliziesco di cui parlavamo nelle puntate precedenti. E come vedremo, la giornalista sapeva esattamente di cosa stava parlando.

(8 - continua)
01/11/2013 12:47
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 222
Registrato il: 25/05/2009
Città: MILANO
Età: 64
Sesso: Maschile
Naufrago
Re:
a.scaglioni, 31/10/2013 18:07:


FRANCIS DURBRIDGE E LA RAI

Ma dicevamo, nell'Aprile del 1976, mentre la tv di stato era ormai in piena riforma (cambiavano i vertici, arrivava una terza rete e i tre canali assumevano le denominazioni di Rete 1, Rete 2 e Rete 3, finendo rispettivamente ognuno sotto l'egida dei tre partiti maggioritari, DC, PSI e PCI, in quella che sarà chiamata la "lottizzazione della Rai"), i fedeli lettori del Radiocorriere trovarono quello che era poco più che un trafiletto, dal titolo decisamente curioso: "Durbridge all'ombra del Vomero".

(8 - continua)



probabilmente il titolo era "Durbridge all'ombra del Vesuvio"

[SM=x520488]


01/11/2013 13:12
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 65
Registrato il: 02/09/2013
Sesso: Maschile
Naufrago
ba1ba2, 01/11/2013 12:47:



probabilmente il titolo era "Durbridge all'ombra del Vesuvio"

[SM=x520488]

No no, era proprio "all'ombra del Vomero". Forse si saranno sbagliati loro, però era così.
01/11/2013 22:13
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 222
Registrato il: 25/05/2009
Città: MILANO
Età: 64
Sesso: Maschile
Naufrago
Re:
a.scaglioni, 01/11/2013 13:12:

ba1ba2, 01/11/2013 12:47:



probabilmente il titolo era "Durbridge all'ombra del Vesuvio"

[SM=x520488]

No no, era proprio "all'ombra del Vomero". Forse si saranno sbagliati loro, però era così.




infatti l'errore è probabile. In effetti di scene riprese al Vomero
non ce ne sono proprio in Dimenticare Lisa. L'unica scena che si avvicina al Vomero è quella quando Goodridge passa con la sua
auto sulla tangenziale proprio dove oggi c'è l'uscita Vomero
che ai tempi dello sceneggiato non era stata ancora costruita.

[SM=x520488]
03/11/2013 12:05
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 65
Registrato il: 02/09/2013
Sesso: Maschile
Naufrago
In effetti, quando in riferimento a quei luoghi si dice "all'ombra del..." viene quasi naturale aggiungere la parola Vesuvio. Io non conosco quelle zone, ma non mi sembra che "all'ombra del Vomero" suoni tanto bene. Ma tant'è. Così era scritto e così io ho riportato. Nelle citazioni bisogna essere precisi, anche quando si sospetta che ci sia un errore. [SM=x520510]
06/11/2013 00:00
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 222
Registrato il: 25/05/2009
Città: MILANO
Età: 64
Sesso: Maschile
Naufrago
a voler essere pignoli credo di aver individuato la casa di Napoli

di Goodridge in um parco che si trova ai piedi della collina del

Vomero. In tal senso forse si può intendere il titolo dell' articolo

come Durbridge all'ombra del Vomero.

[SM=x520490]

09/11/2013 11:57
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 65
Registrato il: 02/09/2013
Sesso: Maschile
Naufrago

FRANCIS DURBRIDGE E LA RAI
Analisi di un fenomeno in una televisione che non esiste più

di A. Scaglioni

Nona puntata

Dopo decenni in cui si era sempre ritenuto che il giallo fosse inadatto ai solatii panorami italiani, e gli intrighi delittuosi inscindibili dalle nebbiose strade di Londra o dai tortuosi vicoli di qualche metropoli americana, dapprima timidamente negli anni '60, con i film di Mario Bava ("La ragazza che sapeva troppo"; "Sei donne per l'assassino"), e poi agli inizi degli anni '70 con l'arrivo di Dario Argento ("L'uccello dalle piume di cristallo"; "Il gatto a nove code"; "Quattro mosche di velluto grigio") e dei suoi epigoni che formarono un solido gruppo di registi specializzati in film gialli dalle tinte fosche e violente, passati alla storia come "thrilling all'italiana", il cinema aveva insegnato che il punto non era dove le storie venivano ambientate, ma come erano raccontate. Il successo di queste pellicole aprì le porte della televisione ad Argento che nel 1973 portò qualche stralcio dei suoi incubi metropolitani sul piccolo schermo con la breve serie di telefilm "La porta sul buio". Frenando moltissimo sul sangue e la violenza di cui erano generalmente intrise le sue storie cinematografiche, Argento confezionò, con l'aiuto di alcuni suoi collaboratori di lungo corso, Luigi Cozzi, Alberto Pariante, Mario Foglietti, quattro episodi autoconclusivi, quattro mini-film di un'ora l'uno che scossero profondamente con la loro tecnica e la loro crudezza i canoni un po' ingessati del giallo televisivo della Rai. Ma soprattutto fecero capire che se una storia ben confezionata avveniva in un contesto che lo spettatore conosceva bene, poteva ottenere un effetto anche superiore. Un delitto commesso in una qualche lontana città estera poteva rientrare quasi nell'ordine della fiaba, del gioco. Mentre invece uno perpetrato tra le mura di un appartamento romano, milanese, o napoletano, che avrebbe potuto benissimo essere quello della porta accanto, dava al tutto un sapore più inquietante.
E i nuovi autori che crescevano proprio in quegli anni nella Rai colsero al volo la lezione. Da Felisatti e Pittorru con "Qui Squadra Mobile" e "Albert e l'uomo nero", a Biagio Proietti e Diana Crispo con "Dov'è Anna?", "L'ultimo aereo per Venezia" e "Doppia indagine", gli anni '70 furono tutta una riscoperta delle ambientazioni nostrane per il giallo. E che tutto questo ovviamente rientrasse perfettamente in una nuova politica di maggior parsimonia nelle spese non era solo una felice coincidenza. Ma la Rai si spinse anche più in là, imponendo ambientazioni italiane anche per le vicende scritte da autori stranieri. A partire proprio da quelle di Francis Durbridge.
E la prima storia di Durbridge a subire questa "italianizzazione forzata" fu nel 1976 "Dimenticare Lisa", tratta da "The Doll", uno script in tre puntate che l'autore inglese aveva prodotto per la BBC appena l'anno prima. A differenza, infatti, dei decenni '50 e '60, in cui la televisione inglese mandava in onda le sue mini-serie divise in sei puntate di 30' circa l'una, negli anni '70, la politica aziendale era cambiata e si era deciso per una compattazione delle storie in tre puntate di 60'. Già nel 1971, con il suo script precedente, "The Passenger" (che come molti altri suoi copioni per la televisione non ha mai avuto una versione italiana), Durbridge si era trovato a dover concentrare la vicenda in tre capitoli, diluendo sapientemente la suspence, con un più approfondito scavo psicologico dei personaggi e una migliore preparazione delle situazioni, frutto anche del suo recente amore per il palcoscenico. Quindi con "The Doll" non fece altro che affinare ulteriormente questa evoluzione delle sue tecniche di giallista, scrivendo quella che è ritenuta da molti l'opera migliore del suo ultimo periodo di autore televisivo. Tuttavia la versione italiana, a prescindere dalla differente collocazione territoriale e dai soliti cambiamenti dei nomi dei personaggi, alcuni dei quali stavolta giustificati proprio dalla diversa ambientazione, o delle loro professioni (il protagonista nella storia originale è un editore e non un antiquario) subì delle modifiche che pur non minandone l'impatto nel complesso, ne diedero un'interpretazione piuttosto lontana da quella voluta dall'autore, specialmente nel finale.
Ma esaminiamo rapidamente la trama dello sceneggiato: Peter Goodrich, un antiquario inglese che vive a Napoli dove gestisce una galleria, conosce per caso di ritorno in volo da un viaggio, una ragazza americana, Lisa Carter e se ne sente subito attratto. La simpatia pare reciproca, ma la la cosa potrebbe finire lì se casualmente Peter non la incontrasse di nuovo pochi giorni dopo in un garage dove Lisa vuole prendere a noleggio una macchina. L'uomo le offre di utilizzare la sua e fra i due sembra sbocciare qualcosa. Prima da un amico giornalista, Max Finney, e poi dalla stessa donna, Peter apprende le drammatiche circostanze in cui Lisa ha perso il marito Norman, caduto in mare da uno yacht durante una traversata sul Mar Tirreno. Lisa gli racconta che Norman era ossessionato dalla sua passione per le bambole di cui aveva una vasta collezione e che la notte della sua scomparsa, i due avevano avuto un violento alterco perché lei aveva dimenticato di mettere nel bagaglio l'ultima bambola da lui acquistata. Successivamente non trovando il marito da nessuna parte sullo yacht, Lisa si era allarmata, finché aveva scoperto terrorizzata una bambola a galla nella vasca da bagno. La scoperta della bambola aveva preceduto solo di poche ore quella del corpo di Norman, morto annegato. L'inchiesta della polizia non aveva portato a nessuna conclusione certa anche se c'era chi aveva parlato di suicidio. Lisa pare ancora sconvolta dalla recente tragedia e sta recandosi per una visita da un caro amico del marito, Sir Arnold Wyatt, un vecchio avvocato inglese in pensione che vive in una villa nei dintorni. Volendo rivedere la donna, Peter le dà in prestito la sua auto, con l'impegno che gliela restituisca al ritorno. Ma Lisa non torna nè quella sera, né il giorno dopo, e Peter ha la sorpresa di vedersi riportare la macchina da dei poliziotti. La sua auto infatti è stata ritrovata su una strada deserta con un biglietto con sopra il suo indirizzo, ma senza chiavi. Sempre più perplesso e preoccupato, Peter decide di recarsi alla villa di Sir Arnold, ma qui lo attende la sorpresa più inattesa: Sir Arnold afferma di non aver mai conosciuto o sentito parlare nè di Norman né di Lisa Carter e nega assolutamente che quest'ultima gli sia mai venuta a fare visita. L'atmosfera nella villa è comunque misteriosa e nel parco, Peter vede aggirarsi una bambina che stringe tra le braccia una grossa bambola. E una bambola dello stesso tipo ritroverà a galla nella vasca da bagno del suo appartamento. Poco prima che la polizia venga a prelevarlo per portarlo sul luogo in cui è stato ritrovato il cadavere di una donna, ripescata in mare con nella borsetta le chiavi della sua auto...
E fermiamoci qui per non rivelare altri dettagli della diabolica macchinazione che si nasconde dietro la misteriosa Lisa e la sua scomparsa. Basti dire che di volta in volta nella storia si affacceranno personaggi ambigui ed altri forse solo apparentemente amichevoli, come il già citato Max Finney, il non ancora citato ma fondamentale Claude Goodrich, famoso concertista e fratello di Peter, il fotografo Marino che sembra stranamente in possesso di una foto di Lisa che poi ancor più misteriosamente scompare, Greta Lehman, la governante di Sir Arnold, lo stesso Sir Arnold Wyatt che potrebbe nascondere più cose di quanto non appaia, ed un non meglio identificato colonnello Osborne, dei servizi segreti americani, che pare in possesso di tutte le risposte, e lascia invece dietro di sé più enigmi che soluzioni. Il sinistro tema delle bambole a galla sull'acqua che sembrano spuntare in concomitanza con il ritrovamento di cadaveri in mare o altrove, rende la vicenda particolarmente inquietante ed altri morti si aggiungeranno intorno al povero Peter, per il quale Lisa è ormai diventata un'ossessione, prima che la storia giunga ad un finale che, come accennavo prima, sarà però piuttosto diverso da quello originariamente pensato da Durbridge. Ma di questo parleremo più diffusamente in fondo a questo capitolo.
Nell'ottica della lotta agli sprechi della nuova Rai riformata, "Dimenticare Lisa" venne trasmesso in sole tre puntate (come la versione originale, ma con una diversa scansione nei finali di puntata), mandate in onda in tre sabati consecutivi dal 9 al 23 ottobre 1976 sulla Rete 1. Diretto con buon mestiere da Salvatore Nocita, che l'anno prima era stato il regista del fantascientifico "Gamma", aveva tra gli interpreti Ugo Pagliai (Peter Goodrich), ormai un abitué di teleromanzi del mistero ("Il segno del comando", "L'amaro caso della baronessa di Carini"), ma di ritorno in una storia di Durbridge ben tredici anni dopo "La sciarpa", Marilù Tolo (Lisa Carter), Carlo Enrici (Claude Goodrich), Yanti Sohmer (Greta Lehman), Luciano Melani (Max Finney), Tonino Cuomo (il fotografo Marino), Lucio Flauto (il commissario Bonetti), Sergio Rossi (il colonnello Osborne), ed il grande Emilio Cigoli, "voce italiana" dei più famosi divi di Hollywood, John Wayne e Gary Cooper in testa, nella parte di Sir Arnold Wyatt.
Sostenuto anche dalle belle musiche di Pino Calvi (con l'aggiunta come sigla finale e tema di sottofondo alle apparizioni della seducente Marilù Tolo, niente di meno che dell'ever-green "I Only Have Eyes For You", nell'esecuzione di Art Garfunkel), lo sceneggiato regge piuttosto bene il cambio di ambientazione, proiettando gli spettatori nell'affascinante intrigo di Durbridge, e facendo subito dimenticare gli insoliti luoghi in cui si svolge. Così Londra diventa Napoli, e Poole Harbour e Heatherdown nel Dorset divengono la Marina di Seiano e Meta di Sorrento sulla Costiera Sorrentina senza che la storia subisca troppi contraccolpi.
I contraccolpi li subisce invece quando, per motivi non sempre facilmente decifrabili, il meccanismo attentamente regolato da Durbridge viene caricato di elementi estemporanei che poco o nulla hanno a che vedere con la trama originale. Abbiamo già visto come fin dall'inizio i copioni dello scrittore inglese venivano "gonfiati" dagli adattamenti della Rai per raddoppiare la durata delle puntate, da trenta a sessanta minuti, ma lasciando sostanzialmente invariati gli eventi e la loro successione; poi negli anni a seguire, con l'intervento di un vero e proprio sceneggiatore, come Biagio Proietti, si arrivò anche ad inserire nuove trame e addirittura finali posticci (la storia aggiunta del racket delle scommesse in "Come un uragano", e il doppio colpevole in "Lungo il fiume e sull'acqua"), ma il tutto veniva fatto con grande abilità, e in qualche caso il testo originale ne usciva perfino migliorato. Qui invece la traduttrice Franca Cancogni, a cui si deve anche l'adattamento dello script, è da ritenere responsabile (se davvero fece tutto da sola) di alcuni "scivoloni" che non trovano molte giustificazioni. Ne riferirò uno solo, che non coinvolge indizi risolutivi, ma che ha sollevato parecchie perplessità anche su questo blog. Nel finale della prima puntata, Peter torna a casa e vede la porta aperta e le luci accese. Dentro qualcuno sta facendo a pezzi con un rasoio la bambola che aveva trovato nella sua vasca. Primi piani sulle mani di questo misterioso individuo, poi Peter entra ed esterrefatto scopre suo fratello Claude che lo fissa con occhi sbarrati, quasi da pazzo. Subito titoli di coda e fine della puntata. Emozionante, vero? Peccato, però, che nulla di questo esista minimamente nel copione originale di Durbridge. Si è trattato infatti di una di quelle trovate estemporanee di cui parlavo. Tanto è vero che nella prima sequenza della puntata successiva, i due si fanno una bella risata liquidando la cosa in un battibaleno. Ora c'è da chiedersi quale funzione potesse avere mai una scena del genere. Gettare sospetti anche sull'apparentemente angelico Claude? Ma non ce ne sarebbe stato alcun bisogno, perché avrebbe provveduto successivamente lo stesso Durbridge a farlo, e in modo di certo più sensato. Oppure creare un cliff-hanger, cioè un colpo di scena ad hoc? Anche questa ragione appare discutibile, visto che Peter ha appena scoperto una di quelle malauguranti bambole a galla nella sua vasca da bagno e subito viene chiamato ad identificare il cadavere di una donna con addosso le chiavi della sua auto. Mi sembra che come cliff-hangers non ci si potesse lamentare. Insomma, per farla breve, una scena assolutamente pretestuosa ed ingiustificabile. Non la sola, purtroppo, come dicevo, ma delle altre tacerò perché rivelerebbero particolari importanti della trama.
Un discorso a parte lo merita invece lo scioglimento finale, e qui dovrò fare degli equilibrismi per spiegarmi cercando nel contempo di non svelare troppo, ma è una cosa che va detta.
La soluzione confusa ed ambigua dello sceneggiato, per molti versi assai insoddisfacente e che lascia tante domande sostanzialmente irrisolte, è perfettamente in linea con il genere di polizieschi televisivi, cinematografici e letterari dell'epoca. Erano quelli che sarebbero poi stati ricordati come gli "anni di piombo". L'Italia era stretta in una morsa di crimini riconducibili ad organizzazioni politiche estremiste che si ipotizzava avessero legami con servizi segreti italiani e stranieri, mossi da fini eversivi e i cui vertici restavano sempre nell'ombra, cioé la cosiddetta “strategia della tensione”. Era fatale che scrittori e sceneggiatori si facessero influenzare. Già nel cinema, titoli di film come "La polizia ringrazia", "La polizia ha le mani legate", "La polizia sta a guardare", denunciavano a modo loro uno stato che era ostaggio dei cosiddetti "poteri forti" ed in cui i poliziotti diventavano, o ciechi strumenti di repressione, o emarginati che invocavano inutilmente giustizia, finendo per cercarla magari attraverso la canna di una pistola. Anche in tv, attraverso le cronache e le inchieste giornalistiche, questa realtà era finita per arrivare, e la fiction era solo il passo successivo. Il finale di "Dimenticare Lisa" è molto probabilmente frutto di questa atmosfera. La presenza nella storia originale di agenti dei corpi speciali della polizia britannica che agiscono in segreto, fornì il pretesto per inserirci un po' di "dietrologia", insinuando il sospetto che dietro i tanti delitti della vicenda si nascondessero in realtà chissà quali interessi occulti, protetti dal denaro e dai suddetti "poteri forti". Tradendo però totalmente Durbridge che è quanto di più lontano da queste cose. Nelle sue storie, di qualunque media si avvalgano, radio, cinema, tv, teatro o libri, i finali non lasciano mai incertezze. I colpevoli sono sempre chiaramente indicati, e "The Doll" non fa eccezione. Quindi chi vuole scoprire il vero finale della vicenda deve procurarsi una copia del Giallo Mondadori n.1847 del 24 Giugno 1984, di non difficile reperibilità, dove venne pubblicata la versione romanzata col titolo "La bambola sull'acqua". Lì troverà l'autentica soluzione dell'enigma, piena e soddisfacente, e potrà dare un volto chiaro e definito al misterioso organizzatore di un complesso intrigo a base di ricatti ed omicidi.

(9 - continua)
[Modificato da a.scaglioni 09/11/2013 12:09]
15/11/2013 14:27
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 65
Registrato il: 02/09/2013
Sesso: Maschile
Naufrago
Prima di postare la nuova puntata di FRANCIS DURBRIDGE E LA RAI, mi corre l'obbligo di ringraziare Ba1Ba2 per le preziose informazioni su "Traffico d'armi sul golfo" che ha dato sul topic da lui creato e dedicato a quello sceneggiato e che mi sono state molto utili per la stesura di questa puntata.

Desidero inoltre fare ammenda per il giudizio che espressi tempo fa e che era sostanzialmente negativo ed abbastanza critico su questo giallo. Ora che ho potuto rivederlo con più attenzione, rileggendo contemporaneamente il romanzo che fu tratto dalla versione originale inglese, ho capito di essere stato un po' troppo frettoloso nel liquidarlo in quel modo. Scusami Ba1Ba2, avevi ragione tu. [SM=x520506]
15/11/2013 14:58
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 65
Registrato il: 02/09/2013
Sesso: Maschile
Naufrago
FRANCIS DURBRIDGE E LA RAI
Analisi di un fenomeno in una televisione che non esiste più

di A. Scaglioni

Decima puntata

Pur avendo creato nel 1938 il personaggio di Paul Temple, protagonista di oltre venti serials per la radio e di una dozzina di romanzi (per lo più novelizations di radiodrammi, ma anche soggetti originali) che gli aveva dato grandissima notorietà, Durbridge preferiva sicuramente scrivere storie senza personaggi fissi. E' un fatto che, ad esempio, per quella che dall'inizio degli anni '50 e per un trentennio fu la sua attività più assidua, cioè scrittore per la tv, lui non abbia mai prodotto un solo copione con protagonista il suo personaggio più celebre. (La serie di telefilm intitolata a Paul Temple e realizzata dalla televisione inglese tra il 1969 e il '71 non ebbe mai la sua firma come soggettista o sceneggiatore di nessuno degli episodi.)
Tuttavia un'eccezione ci fu. Nel 1960, Durbridge scrisse, su incarico della BBC, un ciclo di tre miniserie, divise ciascuna in sei puntate per un totale di diciotto episodi, che vennero mandate in onda una dopo l'altra tra il Novembre del '60 e il Marzo del '61. Data la lunghezza della serie, Durbridge si servì di tre collaboratori, ognuno dei quali lo affiancò nella realizzazione di un copione. Il titolo dell'intero ciclo era "The World of Tim Frazer" e s'incentrava su un ex-imprenditore ingegneristico, Tim Frazer appunto, che aveva visto fallire la sua ditta, anche a seguito della sconsideratezza di un suo amico e socio, e che per un complesso di circostanze, mentre cercava di rintracciarlo per farsi restituire il denaro che gli doveva, si era imbattuto in una pericolosa vicenda spionistica in cui l'amico sembrava coinvolto, che l'aveva portato a contatto con un certo Mr. Ross, a capo dello Special Branch (una specie di Digos britannica che anni dopo riapparirà anche in "The Doll"). Sfruttando la sua amicizia con l'uomo che anche lui stava seguendo, Ross "arruola" un po' a forza Frazer nel suo gruppo per la missione in corso, ma al termine di questa lo stesso Frazer deciderà di restare come membro effettivo, collaborando alla soluzione di altri due casi nelle storie successive della serie, "The World of Tim Frazer: The Salinger Affair" e "The World of Tim Frazer: The Mellin Forrest Mystery". Pur avendo personaggi ricorrenti, il protagonista, Tim Frazer, e Mr. Ross per primi, le storie erano assolutamente indipendenti tra loro, e la prima di queste, "The World of Tim Frazer" appunto, divenne diciassette anni dopo la decima opera firmata Francis Durbridge ad approdare in versione italiana sugli schermi Rai.
Ne diede notizia, come al solito, per primo il Radiocorriere TV nell'Agosto del 1977, sottolineando che anche nel nuovo sceneggiato, che in italiano si sarebbe intitolato "Traffico d'armi nel golfo", così come in "Dimenticare Lisa" dell'anno precedente, la vicenda sarebbe stata trasposta sulle coste campane, tra Napoli e Sorrento, Castellammare Di Stabia e Pompei, dove il protagonista svolgeva la sua attività di archeologo. Chissà per quale motivazione l'ex-ingegnere Tim Frazer si trasformò in archeologo (ma ormai i cambi di nomi o di professioni nelle trasposizioni italiane di Durbridge erano divenute un'abitudine), ma non ci sono invece dubbi sul perché ancora una volta si fosse scelto di spostare la vicenda che in origine si svolgeva tra Londra e il villaggio di Henton, sulle coste del Nord Inghilterra, fino al Golfo di Napoli: questioni squisitamente economiche, le stesse che avevano consigliato di dimezzare il numero di puntate degli sceneggiati.
E gli accorgimenti per diminuire i costi di produzione non si fermavano qui. Come è stato giustamente segnalato proprio su questo blog, in realtà, diverse scene, soprattutto in esterni, dovevano essere già state girate in precedenza sui set di "Dimenticare Lisa" a Marina di Seiano, e alcuni attori di quello sceneggiato (Angrisano, Sestito, Cuomo) riapparivano anche qui. Tutto quindi lascia pensare che la Rai avesse iniziato la produzione di "Traffico d'armi nel golfo" in contemporanea a quella di "Dimenticare Lisa" (o addirittura prima, come testimonierebbero alcune immagini dei due sceneggiati messe a confronto), utilizzando gli stessi set proprio nell'ottica di limitare le spese all'osso.
La regia venne affidata a Leonardo Cortese, che aveva già diretto nel 1970 "Un certo Harry Brent", divenendo così il secondo regista, dopo Daniele D'Anza, ad aver diretto più di uno sceneggiato tv di Durbridge. Mentre Franca Cancogni, che come al solito tradusse il copione originale, si avvalse stavolta per l'adattamento della collaborazione di Aurelio Chiesa. Gli attori erano, tra gli altri, Giancarlo Zanetti, nella parte di Tim Frazer, Lorenza Guerrieri come Helen Barker, Renato De Carmine, per la terza volta in un giallo di Durbridge, e Licia Lombardi come i coniugi Eric e Ruth Edwards, José Quaglio come Mr. Ross, l'inglese Norma Jordan come Debra Markos, Marcello Mandò come l'ispettore Ancona, Franco Angrisano, l'indimenticabile sacrestano Giacinto de "I ragazzi di Padre Tobia", nel ruolo di Traetta, Renato Montalbano come il dottor Bossi, e Filippo Alessandro nella parte dell'ambiguo vicino di casa. La sigla musicale che chiudeva ogni puntata era "Helen" di Dino Siani. E vediamo come la trama originale di Durbridge venne trasformata: Tim Frazer, un archeologo inglese che lavora a Pompei, si reca a Castellammare di Stabia dove Harry Denston, un suo vecchio amico dei tempi dell'università ad Oxford gli ha dato appuntamento per restituirgli finalmente un'ingente somma di denaro che si era fatto prestare molto tempo prima. Ma quando Tim arriva alla pensione dove dovrebbe risiedere Harry, di questi non c'è traccia. Stanco per il viaggio ed infastidito dal suo elusivo amico, Frazer si ferma ugualmente nella pensione dove è appena stato portato un uomo caduto da una nave proveniente dal Sud Africa e raccolto in fin di vita sulla spiaggia. Entrato per errore nella stanza dell'uomo, Frazer ne raccoglie un'ultima parola che non riesce a capire prima che questi muoia. Dopo che il cadavere è stato portato via, la mattina dopo Frazer rinviene accanto al letto del morto un biglietto con un numero di targa e l'indirizzo di un garage. Intanto da Londra arriva la fidanzata di Denston, Helen Barker, che in passato era stata anche la ragazza di Tim. I due sono rimasti amici, anche se è evidente che l'uomo vorrebbe ancora essere qualcosa di più, ed insieme si mettono alla ricerca di Harry. Helen riconosce sul biglietto trovato da Frazer il numero di targa dell'auto del fidanzato e infatti recatisi all'indirizzo del garage vi ritrovano la macchina lasciata da Denston giorni prima. Dopo averla frugata in cerca d'indizi, Tim trova un paio di occhiali in un astuccio. Sull'astuccio c'è anche l'indirizzo del proprietario, una certa Ruth Edwards, un'anziana signora inglese che pare ben felice di aver ritrovato le sue lenti anche se non riesce a spiegarsi come siano finite nell'auto di una persona a lei totalmente sconosciuta. La donna vive in una villa di Sorrento insieme al marito Eric, un'appassionato costruttore di modellini di antiche navi che racconta a Tim la storia della nave che sta costruendo, la "Croce del Sud", una nave negriera che alla fine del diciottesimo secolo era stata ritrovata senza carico e senza equipaggio, completamente abbandonata al largo delle coste africane. Nelle sue indagini, Tim viene contattato anche da un certo Mr. Ross, un ufficiale dei corpi speciali della polizia inglese che è in Italia per indagare su un traffico d'armi tra Europa ed Africa, il cui punto di smistamento si troverebbe proprio nel golfo di Napoli. Ross sospetta che Denston sia coinvolto e chiede a Tim di collaborare con loro al ritrovamento dell'amico che potrebbe essere in pericolo di vita. Insieme a Ross c'è anche l'ispettore Ancona, che Frazer ha già conosciuto alla pensione di Castellammare sotto un altro nome, e che era lì per seguire proprio la pista di Denston. Intanto qualcuno cerca di impadronirsi, con le buone o con le cattive, dell'automobile di Harry, ora in possesso di Tim. In particolare un poco raccomandabile venditore di auto usate, tale Traetta, che offre a Frazer una cifra molto più alta del suo valore per acquistarla. Tim, ancora frastornato dalla ridda di eventi che si succedono intorno a lui, si rende effettivamente conto di quanto la situazione sia davvero pericolosa quando tornato a casa trova l'ispettore Ancona morente con un coltello nella schiena che gli sussurra qualcosa sulla "Croce del Sud", e il modellino della nave in bella mostra sulla mensola del suo caminetto.
Come di consueto fermiamoci qui per non sciupare il gusto a chi ancora non abbia visto lo sceneggiato di poterlo recuperare in DVD. Sebbene vi siano numerosi dettagli differenti rispetto all'originale (ad esempio il vicino di casa e l'assistente di Frazer, Debra Markos, non esistono nel copione di Durbridge; non c'è mai stata nessuna relazione sentimentale tra Frazer ed Helen; il modellino è della "Stella del Nord", non della "Croce del Sud" e non c'è nessuna sinistra leggenda legata al suo nome; il marinaio morto, come la nave su cui era imbarcato, veniva dalla Russia e non dal Sud Africa; inoltre la vittima dell'omicidio nell'appartamento di Frazer non è un ispettore di polizia, ma un agente dello Special Branch che lavora direttamente per Ross), la prima puntata segue in maniera sufficientemente scrupolosa gli eventi. Nelle puntate seguenti invece, i semi piantati degli adattatori italiani, Cancogni e Chiesa, non possono non dare frutti che spingono la storia a discostarsi un po', in qualche caso parecchio, dalla trama originaria. Senza rivelare dettagli risolutori, possiamo qui semplicemente dire che l'intrigo che nella versione inglese riguardava un microfilm contenente la formula di una lega metallica rivoluzionaria che minacciava di finire oltrecortina, nella Germania dell'Est (erano i tempi della guerra fredda), qui invece s'incentra su un carico d'armi, a cui fa riferimento anche il titolo, conteso tra due bande di trafficanti al soldo di non ben specificate nazioni africane. Ma del resto tra le due versioni corrono ben diciassette anni, e alla fine degli anni settanta la situazione tra i due grandi blocchi, occidentale ed orientale, non era più tesa come all'inizio degli anni sessanta, quindi il fulcro della storia aveva bisogno di un'attualizzazione. Da qui anche la presenza di un personaggio creato ex-novo come Debra Markos che è appunto un'inglese di origine africana che lega la vicenda ai conflitti di quella terra, di grande attualità in quegli anni.
Eppure, pur con qualche tentativo non troppo riuscito da parte di regista e sceneggiatori di alleggerire il racconto con siparietti "pseudo-umoristici" (vedi una per tutte, la scena di Frazer e Ross alle prese con l'occultamento di un cadavere tra imprevisti vari, che preconizza quasi un popolare blockbuster cinematografico di qualche anno dopo "Weekend con il morto"), la storia tutto sommato funziona. L'intrigo di Durbridge è sostanzialmente rispettato, e benchè "Traffico d'armi nel golfo" difficilmente possa annoverarsi tra le opere migliori realizzate in Rai dai lavori dello scrittore inglese, resta uno sceneggiato godibile e sufficientemente intrigante da farsi seguire fino alla fine senza fatica.
Così come "Dimenticare Lisa", con cui ha, come abbiamo visto, molti punti in comune, "Traffico d'armi nel golfo" venne mandato in onda per tre sabati consecutivi, tra il 12 e il 26 Novembre 1977.
Francamente mi dispiace che i dati del Servizio Opinioni di quegli anni per ragioni tecniche non siano disponibili. Sarebbe stato interessante confrontare l'accoglienza del pubblico verso "Dimenticare LIsa" e "Traffico d'armi nel golfo" con i grandi successi degli anni '60 e e dei primi anni '70. L'unica cosa che sappiamo è che nessuno dei due raggiunse il podio delle trasmissioni più viste, ma mi piace almeno pensare che, sebbene con qualche immaginabile perplessità da parte dei fans più "puristi", il nome di Durbridge e i suoi affascinanti plots siano stati sufficienti ad assicurare, in quell'ultimo scorcio di Rai ancora in bianco e nero, un buon successo di ascolti e gradimento anche a questi due tardivi, imperfetti e tuttavia lodevoli tentativi di rivitalizzare, con una prospettiva nuova, le atmosfere dei vecchi gialli televisivi firmati Francis Durbridge. Perché comunque non sarebbe più accaduto.

(10 - continua)
16/11/2013 23:40
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 222
Registrato il: 25/05/2009
Città: MILANO
Età: 64
Sesso: Maschile
Naufrago
Re:
a.scaglioni, 15/11/2013 14:27:

Prima di postare la nuova puntata di FRANCIS DURBRIDGE E LA RAI, mi corre l'obbligo di ringraziare Ba1Ba2 per le preziose informazioni su "Traffico d'armi sul golfo" che ha dato sul topic da lui creato e dedicato a quello sceneggiato e che mi sono state molto utili per la stesura di questa puntata.

Desidero inoltre fare ammenda per il giudizio che espressi tempo fa e che era sostanzialmente negativo ed abbastanza critico su questo giallo. Ora che ho potuto rivederlo con più attenzione, rileggendo contemporaneamente il romanzo che fu tratto dalla versione originale inglese, ho capito di essere stato un po' troppo frettoloso nel liquidarlo in quel modo. Scusami Ba1Ba2, avevi ragione tu. [SM=x520506]




ma figurati !! Di nulla !! E grazie sempre per i tuoi bellissimi post sulle opere di Durbridge !!

[SM=x520556]

17/11/2013 16:59
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 710
Registrato il: 04/09/2004
Città: GENOVA
Età: 54
Sesso: Maschile
Guardiano del faro
Questo più che un articolo è un libro! Dovresti farlo pubblicare!
[SM=x520506]


- Pensi che un uomo possa cambiare il suo destino?
- Penso che un uomo fa quello che può, finché il suo destino non si rivela.
(L'ultimo samurai)
18/11/2013 12:27
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 65
Registrato il: 02/09/2013
Sesso: Maschile
Naufrago
Lucawenz, 17/11/2013 16:59:

Questo più che un articolo è un libro! Dovresti farlo pubblicare!
[SM=x520506]



Beh, ti ringrazio, ma evidentemente non sai quanto sia difficile farsi pubblicare qualcosa in Italia, se non sei una persona famosa, o non conosci persone famose (e/o potenti). Figuriamoci poi, un volumettino (perché sarebbe molto breve, una cinquantina di pagine al massimo) che parla di uno scrittore di gialli inglese di cui il grosso pubblico neanche si ricorda più. L'unica soluzione sarebbe farlo pubblicare a mie spese da una di quelle case editrici che campano sulle velleità creative di aspiranti scrittori, spesso incapaci perfino di mettere in fila due frasi coerenti. Ma no, grazie, non ho soldi da buttare. Mi contenterò di vederlo pubblicato sul sito di Vicolo stretto (a proposito, ricordate che necessiterà di una revisione prima dell'eventuale pubblicazione, ok?). Ciao e grazie. [SM=x520510]
18/11/2013 13:13
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 9.705
Registrato il: 08/08/2004
Città: VICENZA
Età: 60
Sesso: Maschile
Guardiano del faro

Mavaffffffff!!
Re:
a.scaglioni, 18/11/2013 12:27:

Lucawenz, 17/11/2013 16:59:

Questo più che un articolo è un libro! Dovresti farlo pubblicare!
[SM=x520506]



Beh, ti ringrazio, ma evidentemente non sai quanto sia difficile farsi pubblicare qualcosa in Italia, se non sei una persona famosa, o non conosci persone famose (e/o potenti). Figuriamoci poi, un volumettino (perché sarebbe molto breve, una cinquantina di pagine al massimo) che parla di uno scrittore di gialli inglese di cui il grosso pubblico neanche si ricorda più. L'unica soluzione sarebbe farlo pubblicare a mie spese da una di quelle case editrici che campano sulle velleità creative di aspiranti scrittori, spesso incapaci perfino di mettere in fila due frasi coerenti. Ma no, grazie, non ho soldi da buttare. Mi contenterò di vederlo pubblicato sul sito di Vicolo stretto (a proposito, ricordate che necessiterà di una revisione prima dell'eventuale pubblicazione, ok?). Ciao e grazie. [SM=x520510]



Complimenti anche da parte mia [SM=x520497]

Ne uscirà un articolo "mostruoso" per contenuti e qualità [SM=x520571]

La passione fa sempre la differenza.

[SM=x520499]


[Modificato da Tidus forever 18/11/2013 13:14]


--------------------------------------------------
"Notte, ore 11 - Esperienza indimenticabile...luogo meraviglioso...piazza con rudere di tempio romano...chiesa rinascimentale...fontana con delfini...messaggero di pietra...musica celestiale...tenebrose presenze"
"Ricordo ancora notte indimenticabile in casa di O. Che io possa essere dannato se accetto di nuovo un suo invito"
--------------------------------------------------
18/11/2013 21:43
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 710
Registrato il: 04/09/2004
Città: GENOVA
Età: 54
Sesso: Maschile
Guardiano del faro
Re:
a.scaglioni, 18/11/2013 12:27:

Lucawenz, 17/11/2013 16:59:

Questo più che un articolo è un libro! Dovresti farlo pubblicare!
[SM=x520506]



Beh, ti ringrazio, ma evidentemente non sai quanto sia difficile farsi pubblicare qualcosa in Italia, se non sei una persona famosa, o non conosci persone famose (e/o potenti). Figuriamoci poi, un volumettino (perché sarebbe molto breve, una cinquantina di pagine al massimo) che parla di uno scrittore di gialli inglese di cui il grosso pubblico neanche si ricorda più. L'unica soluzione sarebbe farlo pubblicare a mie spese da una di quelle case editrici che campano sulle velleità creative di aspiranti scrittori, spesso incapaci perfino di mettere in fila due frasi coerenti. Ma no, grazie, non ho soldi da buttare. [SM=x520510]


Esiste anche il "print on demand": ad esempio il sito ilmiolibro.it dà la possibilità di stamparsi il proprio libro anche in una sola copia, e di metterlo in vendita on line; se qualcuno lo ordina, la copia viene stampata e spedita, e l'autore riceve la percentuale.
Io l'ho fatto con un mio volumetto sugli sceneggiati fantastici di Daniele D'Anza: la stampa è perfetta, sembra un vero libro, peccato che mi siano sfuggiti diversi refusi, inoltre la decisione di inserire immagini a colori ha fatto levitare i costi; prima o poi ne farò una riedizione come si deve. Comunque pensaci, semmai dai un'occhiata al sito. [SM=g27832]






- Pensi che un uomo possa cambiare il suo destino?
- Penso che un uomo fa quello che può, finché il suo destino non si rivela.
(L'ultimo samurai)
19/11/2013 17:56
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 65
Registrato il: 02/09/2013
Sesso: Maschile
Naufrago
Lucawenz, 18/11/2013 21:43:

]
Esiste anche il "print on demand": ad esempio il sito ilmiolibro.it dà la possibilità di stamparsi il proprio libro anche in una sola copia, e di metterlo in vendita on line; se qualcuno lo ordina, la copia viene stampata e spedita, e l'autore riceve la percentuale.
[SM=g27832]



Sì, sapevo di questa possibilità. Anzi, un due anni fa o tre avevo anche stampato un paio di romanzi miei con quel sistema che ho regalato ad alcuni miei amici, scoprendo che la gente non ama più molto leggere oggi. Per inciso, non ho potuto veramente pubblicare quei miei romanzi perché utilizzavo come protagoniste due personaggi femminili di una serie fantasy americana di qualche anno fa e non potevo permettermi di pagare i diritti che la casa di produzione del telefilm mi chiedeva per poterli usare, quindi mi sono accontentato di vederli stampati. Hai ragione, sono belle edizioni. Chissà magari un giorno... [SM=x520490]

Tidus forever, 18/11/2013 13:13:


Complimenti anche da parte mia [SM=x520497]

Ne uscirà un articolo "mostruoso" per contenuti e qualità [SM=x520571]

La passione fa sempre la differenza.

[SM=x520499]





Ti ringrazio. Spero anch'io che venga una bella cosa. Sarà un modo per ricordare uno scrittore che tanti oggi hanno dimenticato, e ancora di più ignorano l'esistenza. [SM=x520508] [SM=x520510]
[Modificato da a.scaglioni 19/11/2013 17:58]
22/11/2013 14:47
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 65
Registrato il: 02/09/2013
Sesso: Maschile
Naufrago
Con la puntata che segue si conclude il mio lungo (ma spero non troppo noioso) saggio sui rapporti tra Francis Durbridge e la Rai, e vorrei cogliere l'occasione per ringraziare tutti quelli che mi hanno seguito in queste settimane e Vicolo Stretto e i suoi amministratori per avermi fornito la possibilità di pubblicarlo. [SM=x520508]

Per questa puntata in particolare poi, i miei ringraziamenti vanno a Lucawenz che con le sue azzeccate osservazioni sul topic di "Poco a poco" ha contribuito a dissipare molti miei dubbi sulle motivazioni che possono aver spinto la Rai dell'epoca a realizzare una produzione decisamente discutibile come questa. [SM=x520508]

A presto, speriamo. [SM=x520510]
22/11/2013 15:27
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
OFFLINE
Post: 65
Registrato il: 02/09/2013
Sesso: Maschile
Naufrago
FRANCIS DURBRIDGE E LA RAI
Analisi di un fenomeno in una televisione che non esiste più

di A. Scaglioni

Undicesima e ultima puntata

Dopo essere tornato tra i protagonisti del giallo televisivo Rai, tra l'autunno del 1976 e la fine del 1977, per ben tre volte nel giro di poco più di un anno, il nome di Francis Durbridge scomparve nuovamente per un lungo periodo. Quando infine riapparve, si era quasi alla fine del 1980 ed agli albori del nuovo decennio, e diverse cose erano cambiate. Innanzitutto da ormai tre anni, la Rai aveva iniziato ufficialmente le sue trasmissioni a colori, ma soprattutto per la prima volta nella sua storia, si stava delineando un vero competitor nel settore televisivo. Per quanto potessero essere fastidiose, le piccole emittenti locali private che trasmettevano quasi a ciclo continuo film su film spesso di pessima qualità, o quelle tre o quattro televisioni estere non ricevibili neanche su tutto il territorio nazionale, non avevano mai rappresentato per la Rai delle vere concorrenti sul piano dei grandi ascolti, ma adesso c'era Canale 5, la nuova tv privata, nata dalle ceneri di TeleMilano e proprietà dell'imprenditore rampante Silvio Berlusconi, a cui presto si sarebbero unite anche Italia 1 e Rete 4 per formare un gruppo di emittenti commerciali che, grazie ad una rete capillare di distribuzione dei loro programmi in tutta Italia, avrebbero creato non pochi grattacapi ai vertici della televisione di stato per molto tempo a venire.
Dopo quasi venticinque anni di assoluto monopolio, la Rai si trovava a doversi confrontare con avversari giovani ed agguerriti che sfornavano trasmissioni forse ancora un po' ingenue e dilettantesche, ma che minacciavano di crescere rapidamente e costituivano comunque per il pubblico italiano una costante ed intrigante "distrazione", con film spesso più recenti di quelli trasmessi dalla tv di stato, varietà che presentavano a ruota continua nuovi comici e splendide fanciulle dai costumi ridottissimi, e serie di telefilm e cartoons di grande impatto, che i vecchi dirigenti avevano a suo tempo trascurato o superficialmente ignorato giudicandoli inadatti al pubblico.
Occorreva quindi, per battere o quanto meno contenere la concorrenza, cambiare marcia, e la Rai cominciò subito a cercare di adeguarsi ai nuovi ritmi imposti, ribattendo colpo su colpo. Vennero aumentate le ore di trasmissione; il vecchio monoscopio che riempiva lo schermo nelle lunghe ore di pausa mattutine e a volte anche pomeridiane negli anni felici del monopolio finì ben presto per ritrovarsi relegato a poche ore del primo mattino, sempre più ridotte fino a scomparire del tutto; mentre i varietà, i quiz, i telefilm che erano sempre stati ad appannaggio del tardo pomeriggio o della prima serata, invadevano ogni ora da mezzogiorno fino a mezzanotte. Scomparsa la "TV dei ragazzi", quell'oretta scarsa di telefilm, documentari e cartoni animati che era ormai diventata un appuntamento fisso per bambini e ragazzi di almeno tre generazioni, lo spazio a loro dedicato si frammentava nel corso di tutta la giornata, dalla mattina al tardo pomeriggio, fino a volte al preserale, grazie a serie televisive di avventura o sitcom americane, o ai nuovi anime giapponesi a base di robot giganti o di orfanelli strappalacrime, mandati in onda con cadenza quotidiana. E naturalmente film, film, film. Non più solo il lunedì e il mercoledì come era accaduto tradizionalmente fino ad allora, ma praticamente ogni sera su almeno una delle tre reti, quando non c'era un quiz di Mike Bongiorno (che però presto avrebbe fiutato da che parte tirava il vento e si sarebbe unito al gruppo Fininvest di Berlusconi), un varietà con la Carrà o la Cuccarini, o un qualche nuovo sceneggiato o originale televisivo, definizioni che stavano d'altronde cadendo in disuso in favore di un più moderno "film tv", a puntate o no che fosse.
E a questa ultima categoria era da ascrivere anche la nuova storia firmata Francis Furbridge che approdò infine sugli schermi italiani, dopo tre lunghi anni. Non è ben chiara la ragione per cui i vertici Rai decisero di ripescare quel nome, che non poteva che riaccendere memorie di un modo di fare tv che si riteneva appartenesse ormai al passato e alla vecchia Rai pre-riforma, in un momento in cui l'emittente di stato era invece alla ricerca di una sua nuova dimensione in un panorama televisivo in continua evoluzione. Così come resta tutto sommato un mistero perché, con tanti copioni televisivi scritti da Durbridge e ancora disponibili (come ad esempio il recentissimo "Breakaway", appena dell'anno prima, che avrebbe chiuso la sua carriera di autore televisivo), si fosse optato come soggetto per un dramma teatrale, il secondo messo in scena dallo scrittore inglese sei anni prima, nel 1974, "The Gentle Hook". Sta di fatto che nell'ultimo numero del 1979, (cioè quasi un anno prima dell'effettiva messa in onda) il Radiocorriere TV annunciava il ritorno di Durbridge sui nostri schermi, anche se senza più quella fanfara che avrebbe utilizzato solo una decina d'anni prima. Ormai il nome del "giallista contemporaneo più famoso della tv", come veniva definito, non smuoveva più l'interesse del grosso pubblico e sicuramente nessun giornalista si sarebbe dato da fare per scovare il nome del colpevole del suo nuovo giallo, magari telefonando a qualche collega d'oltremanica. D'altronde la trama originale fu talmente stravolta da rendere praticamente impossibile per qualunque reporter inglese individuare non solo il colpevole tra i personaggi, ma addirittura riconoscere la storia di Durbridge, che nell'adattamento italiano si sarebbe intitolata "Poco a poco".
L'azione si sarebbe spostata da Londra a Milano, mantenendo quindi l'abitudine ormai consolidata da qualche anno in Rai di ambientare le storie gialle sempre e comunque sul suolo italico, anche se traslocando dalle rive del golfo di Napoli alle sponde del Naviglio, e i personaggi e l'intrigo poliziesco attorno a cui ruotavano avrebbero avuto connotati del tutto meneghini. Il testo originale di Durbridge, come sempre tradotto da Franca Cancogni, era infatti stata considerato "troppo inglese", come scrisse l'adattatore Giuseppe D'Agata, nell'articolo a sua firma apparso sul Radiocorriere TV n. 49 del 1980. Da qui la decisione di prendere l'intera vicenda e, per parafrasare Manzoni, "risciacquarla nelle acque del Naviglio" rendendola meno "insopportabilmente falsa e posticcia" (sto sempre usando le parole di D'Agata).
Naturalmente tra le righe dell'articolo di Giuseppe D'Agata (che, ricordiamolo se ce ne fosse bisogno, resta sempre l'autore, insieme a Flaminio Bollini, di uno dei più indimenticabili ed affascinanti sceneggiati della vecchia Rai, "Il segno del comando"), si legge chiaramente quella che è l'impostazione dei nuovi vertici societari nei confronti del giallo, e dal loro punto di vista non c'è dubbio che D'Agata fece un "ottimo" lavoro, trasformando il plot originale (invito chi fosse interessato a conoscere la vera trama del dramma teatrale di Durbridge ad andare a leggersi il dettagliato riassunto che si trova su questo stesso blog nel topic dedicato appunto a "Poco a poco"), in una vicenda che sembra presa di peso da qualche romanzo di Scerbanenco, e non a caso, a dirigerla fu chiamato Alberto Sironi (futuro regista dei tanti Montalbano), che allora era un giovane della nuova scuola del giallo tv "neorealista", che solo l'anno prima aveva partecipato alla regia della serie di telefilm, "Quattro delitti", guarda caso, tratti da racconti dello scrittore milanese di origini ucraine. E quella di "Poco a poco" sembra proprio la Milano grigia e un po' squallida dei suoi romanzi ("Venere privata", "I milanesi ammazzano al sabato") da cui il cinema italiano ha spesso tratto ispirazione, come potrete giudicare da questo riassunto della trama.
Il commissario Mario Braschi è il classico poliziotto "controvoglia" che si è lasciato alle spalle una moglie ed una carriera e svolge il suo lavoro con coscienza ma senza passione. Trasferito da Roma per cause non ben specificate, si trova a percorrere le strade del capoluogo lombardo accanto all'agente De Rosa, il suo collaboratore ed autista, sempre preoccupato per le trattenute della busta paga. Il pestaggio misterioso di un coreografo della Scala, tale Rada, abbandonato poi svenuto fuori città, seguito il giorno dopo dall'aggressione alla giovane costumista sua assistente, l'italoamericana Annie Conti, che riesce a difendersi e ad accoltellare il suo assalitore, un pregiudicato di nome Gabetto, precipitano il commissario dalla sua routine giornaliera in un groviglio di cui è difficile trovare i capi. All'inizio, l'omosessualità del coreografo fa pensare che i responsabili vadano ricercati in quell'ambiente, ma Braschi non ne è convinto. Per lui le due aggressioni sono collegate, ma si scontra con il mondo chiuso e diffidente che ruota intorno al teatro milanese. Rada, ristabilitosi, continua a ribadire di non ricordare quasi nulla, mentre Annie afferma di non conoscere l'uomo che l'ha assalita. Braschi spera che lasciando fuggire Gabetto, che a sua volta si rifiuta di parlare, dall'ospedale in cui è ricoverato dopo l'accoltellamento, si potrà seguendolo vedere se contatterà quelli che l'hanno pagato. E la pista porterà i primi frutti, quando l'uomo cerca rifugio nella casa di un pittore, Domenico Gioia, detto Dominic. Questi infatti è scomparso da giorni ed ha incaricato prima di darsi alla macchia la sua ex-moglie Giovanna di recapitare un suo quadro proprio ad Annie Conti, la quale a sua volta lo ha portato al padre, Ferruccio Togliani, un vecchio insegnante d'arte che ora vive di espedienti e scommettendo alle corse e di cui Dominic era stato un allievo. Alla lista dei personaggi vanno poi aggiunti l'avvocato Conti, marito separato di Annie, ma forse ancora innamorato di lei, e Luciano, il giovane assistente di Rada, il cui ruolo nella vicenda potrebbe essere meno marginale di quanto sembri. Alla fine Braschi, che nel frattempo ha intrecciato una relazione con Annie, riuscirà a smascherare i responsabili di un giro di quadri d'autore falsi, ma non prima che ci sia scappato il morto...
Ed ecco gli interpreti: il commissario Braschi era Flavio Bucci; l'agente De Rosa era Diego Abatantuono, il "terrunciello" della commedia all'italiana di quegli anni, forse per la prima volta in un ruolo serio; Annie Conti era Teresa Ann Savoy, una starlet inglese assurta rapidamente alla notorietà in un cinema come il nostro fin troppo incline a dare visibilità a chiunque abbia un bel faccino e venga dall'estero, ma che qui mostra tutta la sua incapacità di recitare, e anche solo di parlare in un italiano passabile; e poi, in ordine sparso, Franco Fabrizi (Togliani), Renato Scarpa (Rada), Rino Cassano (Luciano), Giorgio Mauro (Gabetto), Italo Dall'Orto (l'avvocato Conti), Luciano Virgilio (Dominic), per finire con una menzione d'onore per Mariolina Bovo (Giovanna), un'attrice dalla recitazione semplice e pulita, che pur senza aver mai avuto ruoli di rilievo, ha attraversato tutta la storia degli sceneggiati e della fiction Rai quasi in silenzio ma con grande professionalità.
La colonna sonora, poi, curata da Paolo Conte, che è autore anche della sigla finale, "Uomo-camion", è inframmezzata da canzoni di cantautori milanesi, Jannaci e Celentano in testa, che fanno spesso da sottofondo ai dialoghi, contribuendo a sottolineare la "milanesità" che impregna tutta la storia.
"Poco a poco" andò in onda in tre puntate, ma contrariamente a "Dimenticare Lisa" e "Traffico d'armi nel golfo" non nell'arco di altrettanti sabati, ma in soli otto giorni, da domenica 30 Novembre a domenica 7 Dicembre, con la puntata di mezzo fissata per il venerdì 5. Inoltre venne programmato sulla Rete 2. Non accadeva più dal 1966, con "Melissa", che un giallo a puntate di Durbridge fosse mandato in onda su un canale diverso dal vecchio Programma Nazionale, ora Rete 1. Un ulteriore segnale di una disaffezione da parte della nuova dirigenza verso Durbridge? Forse, ma è difficile a dirsi, in quanto ora i canali Rai non erano più interscambiabili come una volta. Rispondevano a direzioni diverse, quindi questa non era necessariamente valutabile come una "retrocessione". Poteva darsi che l'idea di produrre il film tv fosse semplicemente nata e sviluppata tra la dirigenza della Rete 2.
Ma come venne accolto dal pubblico? Quanto agli ascolti, il Servizio Opinioni che tornò a fornire i dati proprio quell'anno, ci dice solo che "Poco a poco" non si piazzò in nessuna posizione della Top Ten dei programmi più seguiti, senza darci ulteriori informazioni a riguardo. Per quel che riguarda gli appassionati dei vecchi sceneggiati di Francis Durbridge, invece, posso immaginare con quanta perplessità dovettero seguire questa sua ultima opera. Anche se probabilmente nessuno a quell'epoca poteva rendersi conto di quanto poco del testo originale fosse rimasto nella sceneggiatura di Giuseppe D'Agata (malgrado i titoli di testa avvisassero che si trattava di un "libero adattamento"), ciò che deve averli colpiti soprattutto è l'assenza stessa dello spirito dell'autore nella storia. Durbridge era noto anche in Italia per l'abilità quasi da prestigiatore con cui riusciva a costruire complicati giochi di specchi in cui ogni dettaglio ne rimandava ad un altro in un'infinita sfilata di indizi contraddittori, rivelazioni spiazzanti, delitti e colpi di scena, i cosiddetti cliffhangers, che solitamente chiudevano la puntata, lasciando gli spettatori confusi ma eccitati allo stesso tempo e col desiderio di risintonizzarsi la volta seguente per scoprire quali altri conigli il mago nascondesse nel suo cappello. Insomma, in ogni sua storia il suo stile era facilmente riconoscibile.
Di tutto questo, in "Poco a poco", invece non c'era neanche l'ombra. La trama procedeva piatta e monotona, di cliffhangers neanche a parlarne, gli eventi anche drammatici (il pestaggio del coreografo, l'aggressione alla costumista, l'assassinio che arriva solo all'ultima puntata) si snocciolavano davanti all'occhio annoiato dell'investigatore, quanto a quello che immagino semiaddormentato dello spettatore, senza un minimo di pathos, di partecipazione della macchina da presa, e diciamo la verità, anche quando l'assassino viene smascherato, unico momento concitato della storia, in realtà non ce ne frega più molto, tanto regia, sceneggiatura e montaggio sono riusciti a sopire ogni nostro più lieve interesse. Che certo non poteva essere sollecitato dall'introduzione nella storia della tematica omosessuale, peraltro utilizzata in senso abbastanza negativo, né tanto meno da quella ridicola e "posticcia" (concedetemi di utilizzare il termine usato proprio da D'Agata nel suo articolo) storiellina d'amore tra il commissario e la costumista, che il buon Durbridge non si sarebbe mai sognato di inserire in una sua storia neanche se si fosse scolato un paio di bottiglie di scotch.
Ed anche i giornali sembrarono condividere la generale perplessità per questa curiosa operazione anglo-meneghina. Riporto qui il commento che scrisse Ugo Buzzolan su "La Stampa" del 7 dicembre (data dell'ultima puntata), come estrema sintesi del comune sentire: "Non era più semplice, più logico, e forse più economico, incaricare Giuseppe D'Agata di scrivere un copione originale considerato che egli è l'autore de "Il segno del comando? [...] ho l'impressione che la ricerca di un'atmosfera giallo-lombarda da parte dell'attento regista Alberto Sironi [...] abbia nociuto non poco al ritmo, troppo lento, e alla suspense, troppo scarsa. Non è che si pretendano ogni volta i gialli con le porte che cigolano e con i cadaveri che rotolano fuori dall'armadio, però...". Però, potremmo aggiungere noi, che barba questo nuovo giallo "neorealista"!
Alla fine, il Durbridge "alla Scerbanenco" finì per risultare un piatto indigesto per ogni palato. Per rispondere alla domanda che ci ponevamo all'inizio, possiamo ipotizzare che probabilmente "Poco a poco" ebbe la sfortuna di essere prodotto in un momento di avvicendamento in Rai, con ancora qualche vecchio dirigente che cercava di puntare su un nome sicuro, come appunto quello dello scrittore inglese che nel quindicennio precedente aveva assicurato grandi ascolti e altissimi indici di gradimento, e i nuovi che invece tendevano ad un modo più italiano e più cinematografico (secondo loro) di raccontare le storie, e il caso volle che proprio questo ultimo lavoro di Durbridge abbia finito per fare nel modo peggiore da trait d'union tra i due concetti, finendo per non essere più, come suol dirsi, né carne né pesce.
Fu forse questo a convincere definitivamente la Rai che il tempo per quel tipo di storie era ormai tramontato? Forse no, ma è un fatto che sono trascorsi ormai oltre trent'anni dal quel 1980, e mai più il nome di Durbridge è apparso sugli schermi italiani. Oggi la memoria dei vari "Melissa", "Harry Brent", ecc. è affidata alle raccolte in cofanetti DVD di Raitrade o della Fabbri, o al massimo a qualche riproposta notturna sui canali tematici del digitale terrestre, che si offrono all'occhio inumidito dalla nostalgia di qualche vecchio appassionato, o allo sguardo distratto di qualche nottambulo ventenne o trentenne che, abituato alla velocità delle moderne fictions poliziesche, si chiederà magari cosa ci trovassero mamma e papà di tanto emozionante in quei noiosi ed interminabili polpettoni di tanti anni fa. E poi con una spallucciata cambierà canale.


Prima di concludere questa mia lunga disamina, ritengo sia utile includere l'elenco completo (corredato da alcune informazioni accessorie) delle serie televisive firmate da Durbridge tra gli anni '50 e '70, perché tutti possano rendersi conto di quanti scripts la Rai avrebbe avuto ancora a disposizione, pronti per essere trasposti in una versione italiana che non c'è mai stata e mai ci sarà.
(Da questa lista sono stati esclusi "A casa una sera" e "Poco a poco", perché tratti non da serie TV ma da drammi teatrali.)

1952 The Broken Horseshoe (inedita)
1952 Operation Diplomat (inedita)
1953 The Teckman Biography (inedita)
1955 Portrait of Alison (inedita)
1956 My Friend Charles (inedita)
1956 The Other Man (Lungo il fiume e sull'acqua - 1973)
1957 A Time Of Day (Paura per Janet - 1964)
1959 The Scarf (La sciarpa - 1964)
1960 The World Of Tim Frazer (Traffico d'armi nel golfo - 1977)
1960 The World Of Tim Frazer: The Salinger Affair (inedita)
1960 The World Of Tim Frazer: The Mellin Forrest Mystery (inedita)
1963 The Desperate People (inedita)
1964 Melissa (Melissa - 1966)
1965 A Man Called Harry Brent (Un certo Harry Brent - 1970)
1966 A Game Of Murder (Giocando a golf, una mattina - 1969)
1966 Bat Out Of Hell (Come un uragano - 1971)
1971 The Passenger (inedita)
1975 The Doll (Dimenticare Lisa - 1976)
1979 Breakaway (inedita)

Da "Portrait of Alison" e da"My Friend Charles" vennero tratte nel 1955 e nel 1957 due pellicole cinematografiche uscite anche in Italia rispettivamente coi titoli "Il segno del pericolo" e "Il cerchio rosso del delitto". Di nessuna delle due si ha notizia di edizioni in VHS o DVD.

Inoltre voglio ricordare a chi fosse eventualmente interessato a recuperarli, che alcuni degli sceneggiati inediti in Italia di Durbridge hanno visto nel nostro paese almeno tradotti i romanzi che ne erano stati tratti a suo tempo. Nell'ordine, "Portrait of Alison", con il titolo "Ritratto di Alison", pubblicato nel Giallo Longanesi n.135 del 2 Ottobre 1974; "My Friend Charles", col titolo "...dai nemici mi guardo io", ripubblicato nei Classici del Giallo Mondadori n.1203 del 25 Settembre 2008; "The Desperate People", col titolo "I disperati", pubblicato nel Giallo Mondadori n.965 del 30 Luglio 1967; infine "Breakaway", col titolo "Il prezzo del tradimento", pubblicato nel Giallo Mondadori n.1903 del 21 Luglio 1985. A parte "...dai nemici mi guardo io", che dovrebbe essere abbastanza facile da trovare, per gli altri non sarà una passeggiata, siete avvisati. Comunque, a chi volesse cimentarsi, buona caccia.

(11 - fine)
Nuova Discussione
Rispondi
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 18:36. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com