Re:
Scritto da: Guapix 31/05/2007 7.45
Grazie ragazzi, ieri ho parlato con la dottoressa che mi ha detto che gli restano solo tre mesi.
E' difficile dire o aggiungere qualcosa quando si sentono notizie così devastanti. Comprendo, però, l'angoscia che attanaglia il tuo cuore e lo shock emotivo che hai provato quando la dottoressa ti ha messo al corrente dei fatti. Tanti anni fa, nel 1982, i miei familiari mi dissero piangendo che la mamma aveva un tumore allo stomaco in stato avanzato; questa notizia fu un pugno nello stomaco, ma la speranza è sempre l'ultima a morire e psicologicamente non mi rendevo nemmeno conto della gravità della situazione. Non sapevo che fare, come reagire, come affrontare qualcosa che credevo non avrebbe mai riguardato la mia famiglia: avevo poco meno di vent'anni, ero pieno di vita ed entusiasmo; il male, di qualunque natura, lo sentivo come una cosa lontana, che non avrebbe mai minato il mio equilibrio emotivo. Il peggio fu quando mi confidai con una persona, Boris, quello dell'autoscontro del Luna Park: non so nemmeno perchè scelsi lui; la realtà è che ci si aggrappa a qualcuno, il primo che capita, quando ciò che si ha dentro rischia di farci esplodere. Fu una mazzata sentirsi dire
"lo sai che deve morire, vero?": un conto è sentirlo da un familiare, con la delicatezza del caso, un altro da un conoscente, uno che vedi una volta l'anno. Dentro di me pensai
"ma che stronzo!!!"; quel fatto, però, spietato e freddo come un diamante, mi aprì definitivamente gli occhi davanti alla cruda realtà: mia madre doveva morire ed io non potevo farci un cazzo! Per la prima volta mi resi conto che tutto ciò che mi circondava non aveva più senso e nemmeno interesse: tutto passava inesorabilmente in secondo piano. Provavo addirittura un senso di sofferenza nel sentirmi commiserato da chi era più grande di me, dai parenti, dagli amici più stretti, dai conoscenti. Cazzo ne sapevano di quello che provavo?
Il tempo che passa è il solo rimedio: ci modella, ci affina, ci prepara. Per mia madre fu un calvario che durò un anno e non lo vissi in prima persona: facevo il militare. Un giorno mi arrivò una telefonata urgente e mi precipitai a casa con una licenza speciale. Quel fottutissimo treno, la Freccia delle Dolomiti, fermava ad ogni stazione. Arrivai in ospedale e mia madre era morta da 5 minuti. Nemmeno il tempo di dirle una parola. Le mie sorelle mi dissero piangendo
"Andrea, è morta" ed io mi trovai con la bocca aperta a dire
"Noooooo". Poi piansi a dirotto, seduto sui gradini di una scala, per 15 lunghi minuti. Lì, però, esausto e svuotato, ritrovai forza. I miei familiari mi erano accanto.
Un abbraccio, Carola